Amici del G.G.Blog, come vi ha già raccontato Giovanna, che é pure lei esperta folclorista, Gennaio finisce ed apre a Febbraio con "i giorni della Merla", di cui per qualche anno ne parlava sempre alla TV Emilio Fede che, senza contattarci, faceva l'errore di spostare i giorni alla prima metà di Gennaio.
Anche sulla Candelora andate a leggere quel che dice Giovanna con i suoi proverbi, a cui ne aggiungo uno leggermente diverso e di derivazione veneta (ma in italiano) :" Il giorno della Candelora/ dall'inverno siamo fuori/ ma se piove e tira vento/ nell'inverno siamo dentro/". Come ha scritto Giovanna quel giorno dalle Chiese si portavano a casa le candele benedette da conservarsi e poi accendere quando qualche familiare, durante l'Anno avesse avuto problemi di salute.
Alla Madonna si fa festa anche due giorni dopo, cioè il quattro, ma solo a Forlì ed a Faenza, per la Madonna del Fuoco, poichè in queste due Città, essendosi bruciata la Cattedrale per un grande incendio, vi era rimasta perfettamente intatta solo un'importante immagine della Madonna.
domenica 31 gennaio 2010
mercoledì 27 gennaio 2010
Dopo la Conversione
Cari amici del blog del " La campagna..." , avete visto - qui in Romagna - che cosa sta succedendo? Il 25-giorno della Conversione- era Lunedì, e San paolo ha reso il tempo sornione, immobile, senza chiaroscuri,pareva tutto "beige",cielo e terra, persino le macchine parevano beige! E tutti a pensare...San Paolo dormicchia....,non ci da' niente..., neanche un -segno-...!Veramente la mattina presto c'era stato un po' di venticello leggero,e poi basta, mentre verso sera s'alzò un vento più violento, ma quasi nessuno se ne accorse. Poi, dal giorno dopo, il 27, è venuto fuori un po' di tutto, piggia, pioggerellina, nevischio, neve, poi pioggia a scroscio nella notte,...insomma, se eravate qui avrete visto anche voi ! E adesso?...?
Adesso aspettiamo il giorno della Candelora, e chi ha qualcosa di nuovo da dire lo dica!!!
Adesso aspettiamo il giorno della Candelora, e chi ha qualcosa di nuovo da dire lo dica!!!
domenica 24 gennaio 2010
San Paolo dei segni
Cari amici vicini e lontani, cui é da aggiungere anche "vecchi e nuovi", che di nuovi ne sono già arrivati alcuni, per cui, ora, sarà il caso di brindare insieme con le ampie coppe colorate, quelle che tanto piacevano al poeta Alceo. E se già brindiamo, facciamolo però un po' aqlla volta, con calma, che questo blog é nato appena, é un neonato, deve avere lunghi sonni e poppate ben distribuite, e per la sua nascita doni e regali in quantità, come quello di Giovanna che gli ha regalato un bellissimo "San Bastien" che quando arriva.."non muove la coda neanche il cane", e voi sapete perchè.
Invece domani, Lunedì 25 sarà San Paolo, o meglio é" la Conversione di San Paolo", di cui già tutto si sa. Ma si sa anche quel che dicevano i contadini quel giorno? Quelli della "Campagna appena ieri" ben sapevano che prima della festa di San Paolo c'erano le Calende che, come in un telefono senza fili potevano spiegare a tutti come, giorno per giorno sarebbero state le stagioni da quel Gennaio fino a Dicembre. Non é che i contadini non potevano saperlo comprandosi prima di Natale il nuovo lunario che poi attaccavano su in cucina o meglio dietro la porta della stalla. Una volta era famosissimo in Romagna "E luneri di Smembar", nato a Faenza nel 1854, mentre tra il riminese ed il sammarinese era famoso quello di Pietro Rossi vagabondo come contadino ma grandioso come poeta che, da solo ideava, creava, e vendeva i suoi Lunari, fino all'anno in cui morì, nel 1879. Ma in campagna i contadini più ancora del lunario si fidavano per 24 giorni delle Calende, che, se si fosse seguito con attenzione dall'alba al tramonto, ora per ora l'andamento del tempo di ogni giornata, dal primo Gennaio fino al 12, e poi, andando indietro nei mesi, dal 13 fino al 24, si sarebbero avute notizie precise di come sarebbe stato l'evolversi delle giornate e dei mesi di tutto l'anno fino al 31 Dicembre. E, tuttavia, non sempre e non tutti i contadini erano ugualmente solerti ed attenti, alcuni erano distratti, smemorati, confusionari, ed alcuni persino vagabondi, che, con le Calende non riuscivano a capire bene l'evolversi dell'annata. Ma, ugualmente, noncuranti, si sarebbero tuttavia ricordati del 25, giorno della Conversione di San Paolo che allora bastava osservare ora per ora com'era il tempo, se freddo o freddo cane, e poi se arrivava un po' di nevischio od invece neve fitta oppure acqua o acquerugiola e se veniva fuori un po' di vento o delle violente ventate, una parvenza di sole e poi un bel giallo pieno di luce e così via via fino alla fine della giornata in cui si sarebbe compreso il comportamento di tutti i 12 mesi dell'anno, così da poter scagionarsi dalle Calende, che tanto:"Dal Calendi a non m'incur / Basta ch'e' de d'San Peval 'n sia scur."
Così, cari amici bloggisti, domani, giorno di San Paolo, osservate con attenzione gli eventi metereologici di tutta la giornata, ed altro che "bernacca"! Vi basterà questo giorno e potrete farvi da soli tutto il Calendario.
Invece domani, Lunedì 25 sarà San Paolo, o meglio é" la Conversione di San Paolo", di cui già tutto si sa. Ma si sa anche quel che dicevano i contadini quel giorno? Quelli della "Campagna appena ieri" ben sapevano che prima della festa di San Paolo c'erano le Calende che, come in un telefono senza fili potevano spiegare a tutti come, giorno per giorno sarebbero state le stagioni da quel Gennaio fino a Dicembre. Non é che i contadini non potevano saperlo comprandosi prima di Natale il nuovo lunario che poi attaccavano su in cucina o meglio dietro la porta della stalla. Una volta era famosissimo in Romagna "E luneri di Smembar", nato a Faenza nel 1854, mentre tra il riminese ed il sammarinese era famoso quello di Pietro Rossi vagabondo come contadino ma grandioso come poeta che, da solo ideava, creava, e vendeva i suoi Lunari, fino all'anno in cui morì, nel 1879. Ma in campagna i contadini più ancora del lunario si fidavano per 24 giorni delle Calende, che, se si fosse seguito con attenzione dall'alba al tramonto, ora per ora l'andamento del tempo di ogni giornata, dal primo Gennaio fino al 12, e poi, andando indietro nei mesi, dal 13 fino al 24, si sarebbero avute notizie precise di come sarebbe stato l'evolversi delle giornate e dei mesi di tutto l'anno fino al 31 Dicembre. E, tuttavia, non sempre e non tutti i contadini erano ugualmente solerti ed attenti, alcuni erano distratti, smemorati, confusionari, ed alcuni persino vagabondi, che, con le Calende non riuscivano a capire bene l'evolversi dell'annata. Ma, ugualmente, noncuranti, si sarebbero tuttavia ricordati del 25, giorno della Conversione di San Paolo che allora bastava osservare ora per ora com'era il tempo, se freddo o freddo cane, e poi se arrivava un po' di nevischio od invece neve fitta oppure acqua o acquerugiola e se veniva fuori un po' di vento o delle violente ventate, una parvenza di sole e poi un bel giallo pieno di luce e così via via fino alla fine della giornata in cui si sarebbe compreso il comportamento di tutti i 12 mesi dell'anno, così da poter scagionarsi dalle Calende, che tanto:"Dal Calendi a non m'incur / Basta ch'e' de d'San Peval 'n sia scur."
Così, cari amici bloggisti, domani, giorno di San Paolo, osservate con attenzione gli eventi metereologici di tutta la giornata, ed altro che "bernacca"! Vi basterà questo giorno e potrete farvi da soli tutto il Calendario.
domenica 17 gennaio 2010
Parliamo ancora di Sant'Antonio pubblicando notizie inviate da una delle prime sostenitrici di questo Blog di cui sarà assai valida collaboratrice. Giovanna di San Mauro Pascoli ci riferisce che per Sant' Antonio si ornavano e infiocchettavano i buoi. Inoltre era valido per tutti il proverbio per cui, allungandosi le giornate si diceva : " Par la pasquetta un'oretta, par sant'Antoni un'ora bouna, e andend in là tot i quajeun is n'infà". Aggiunge poi:" La festa in onore di S. Antonio era un'antica tradizione alla Torre. Si racconta di feste che duravano un giorno intero con corse di cavalli, Messa grande al mattino e veglione fino a tarda notte. Oggi la festa alla Torre viene riproposta in abbinamento al rito dell'uccisione del maiale: " a smitem e' bagoin", mentre un proverbio ci avvisa che " E puret e e' porc i sta ben da mort ". Il povero non si sa, ma il maiale da morto era una gran consolazione."
Un saluto a tutti da Giovanna
Un saluto a tutti da Giovanna
17 di Gennaio
Una volta era festa di precetto. Oggi, solo in Chiesa, soprattutto dei paesini, chi crede ed anche chi no, la gente va a Messa a prendersi poi, già benedetti, i pani di S'Ant'Antonio, e dopo nella ciotola si dovrebbe lasciare un po' di centesimi. I pani una volta erano per le bestie. Questa mattina, girando in città, ho visto gente che si portava via dalla Chiesa enormi sacchetti pieni, certamente di pani, il che vuol dire che- più che mai oggi- "l'uomo é una bestia", come già diceva Arbore alla Radio in "Alto gradimento". Un tempo, finita la festa della Befana, i parroci e i cappellani giravano per le campagne e, casa dopo casa, lasciavano nella stalla, dopo aver dato la benedizione agli animali, i pani benedetti, sperando che l'Arzdora li desse sbriciolati un po' in giro a tutti, senza lasciarseli rubare dai bambini, figli o nipotini. La sera prima della festa del 17 nelle varie case della campagna si faceva la Veglia, ed al solito bicchiere di vino si sarebbero aggiunte, per far festa, o delle castagne arrostite o lessate, oppure "cuciaroli" ed "anime". Poteva darsi che in qualche stalla vi arrivasse d'improvviso, quella sera, un "Fulesta", cioè un cantastorie oppure un suonatore di mandolino o di organetto, ed allora, invece di sentire favole e leggende, qualcuno avrebbe anche ballato.
Invece nel paese i ragazzi si vedevano in piazza o nelle piazzette e, mentre dicevano battute e barzellette, speravano di veder arrivare le ragazze col permesso dei genitori, che poi, accompagnati da qualcuno dei più grandi si sarebbe andati tutti nella sala da ballo. Il giorno dopo, cioè il 17, la festa era tutta per il Santo, con la messa, mentre al pomeriggio la Chiesa era piena dentro e fuori per la benedizione degli animali, piccoli e grandi che fossero che, in certe zone del paese, c'erano ancora le stalle e, di sicuro, lo stallatico per i cavalli.
Sant'Antonio apparentemente così docile e disponibile, era anche famoso per le battute e barzellette a lui attribuite. A volte, però, potevano scambiarsi i santi, Antonio Abate e Antonio di Padova, lo spagnolo. Ad esempio "Sant'Antonio mio benigno/di pregarti non son degno/per virtute e responsorio/fammi grazia Sant'Antonio". Oppure un'altra "Sant'Antonio abate/senza moglie come fate?/E voi che l'avete come la mantenete?/Con aglio e con cipolla io mantengo la mia moglia!" Su l'Abate c'erano anche storielle che ai nipoti, come a tutti, raccontavano soprattutto le nonne. Io sono riuscita a raccoglierne una, regalatami da uno scrittore mio amico, che abita non nella piana ma nelle colline ed ora la regalo io a voi. C'era una volta un piccolo possidente che era curioso, ma proprio molto curioso. Lui, pur credendo, come tutti, che, come voleva la tradizione le bestie a Mezzanotte della festa del Santo Abate, si sarebbero messe a parlare, avrebbe però voluto anche sapere che cosa avrebbero detto le bestie, parlando. Ad esempio di che cosa mai avrebbero parlato i suoi buoi nella stalla? Poichè la sua curiosità gli rodeva nell'anima, un anno il pomeriggio del 16 prima dell'imbrunire, scese nella stalla e pian piano si nascose in un posticino segreto stando lì ad aspettare la Mezzanotte. Ma i suoi buoi, che della stalla erano i veri padroni, lo videro arrivare e nascondersi e subito capirono il desiderio del loro padrone. Così muggendo piano tra loro s'accordarono per punirlo a dovere. A mezzanotte in punto la stalla si animò della loro conversazione, per cui, dopo aver detto tutti i beni possibili di Sant'Antonio, Ro prese a dire Bunì," come poi faremo con il padrone che lo ammazzano?" E Bunì"Caro Ro, ne sono proprio addolorato perchè questo padrone, nonostante i suoi difetti, a me andava bene, e sapere che tra poche ore vengono i briganti e lo ammazzano a me ..." A questo punto le voci di Ro e di Bunì scomparvero di fronte all'urlo del padrone che con un salto ed una gran rumore, uscito dalla stalla si mise a correre all'impazzata. E corre ancora, se è vero che certi uomini del paese dicono che l'han visto, di recente, correre ancora uno a Mosca ed un altro a Timbuctù.
Una volta era festa di precetto. Oggi, solo in Chiesa, soprattutto dei paesini, chi crede ed anche chi no, la gente va a Messa a prendersi poi, già benedetti, i pani di S'Ant'Antonio, e dopo nella ciotola si dovrebbe lasciare un po' di centesimi. I pani una volta erano per le bestie. Questa mattina, girando in città, ho visto gente che si portava via dalla Chiesa enormi sacchetti pieni, certamente di pani, il che vuol dire che- più che mai oggi- "l'uomo é una bestia", come già diceva Arbore alla Radio in "Alto gradimento". Un tempo, finita la festa della Befana, i parroci e i cappellani giravano per le campagne e, casa dopo casa, lasciavano nella stalla, dopo aver dato la benedizione agli animali, i pani benedetti, sperando che l'Arzdora li desse sbriciolati un po' in giro a tutti, senza lasciarseli rubare dai bambini, figli o nipotini. La sera prima della festa del 17 nelle varie case della campagna si faceva la Veglia, ed al solito bicchiere di vino si sarebbero aggiunte, per far festa, o delle castagne arrostite o lessate, oppure "cuciaroli" ed "anime". Poteva darsi che in qualche stalla vi arrivasse d'improvviso, quella sera, un "Fulesta", cioè un cantastorie oppure un suonatore di mandolino o di organetto, ed allora, invece di sentire favole e leggende, qualcuno avrebbe anche ballato.
Invece nel paese i ragazzi si vedevano in piazza o nelle piazzette e, mentre dicevano battute e barzellette, speravano di veder arrivare le ragazze col permesso dei genitori, che poi, accompagnati da qualcuno dei più grandi si sarebbe andati tutti nella sala da ballo. Il giorno dopo, cioè il 17, la festa era tutta per il Santo, con la messa, mentre al pomeriggio la Chiesa era piena dentro e fuori per la benedizione degli animali, piccoli e grandi che fossero che, in certe zone del paese, c'erano ancora le stalle e, di sicuro, lo stallatico per i cavalli.
Sant'Antonio apparentemente così docile e disponibile, era anche famoso per le battute e barzellette a lui attribuite. A volte, però, potevano scambiarsi i santi, Antonio Abate e Antonio di Padova, lo spagnolo. Ad esempio "Sant'Antonio mio benigno/di pregarti non son degno/per virtute e responsorio/fammi grazia Sant'Antonio". Oppure un'altra "Sant'Antonio abate/senza moglie come fate?/E voi che l'avete come la mantenete?/Con aglio e con cipolla io mantengo la mia moglia!" Su l'Abate c'erano anche storielle che ai nipoti, come a tutti, raccontavano soprattutto le nonne. Io sono riuscita a raccoglierne una, regalatami da uno scrittore mio amico, che abita non nella piana ma nelle colline ed ora la regalo io a voi. C'era una volta un piccolo possidente che era curioso, ma proprio molto curioso. Lui, pur credendo, come tutti, che, come voleva la tradizione le bestie a Mezzanotte della festa del Santo Abate, si sarebbero messe a parlare, avrebbe però voluto anche sapere che cosa avrebbero detto le bestie, parlando. Ad esempio di che cosa mai avrebbero parlato i suoi buoi nella stalla? Poichè la sua curiosità gli rodeva nell'anima, un anno il pomeriggio del 16 prima dell'imbrunire, scese nella stalla e pian piano si nascose in un posticino segreto stando lì ad aspettare la Mezzanotte. Ma i suoi buoi, che della stalla erano i veri padroni, lo videro arrivare e nascondersi e subito capirono il desiderio del loro padrone. Così muggendo piano tra loro s'accordarono per punirlo a dovere. A mezzanotte in punto la stalla si animò della loro conversazione, per cui, dopo aver detto tutti i beni possibili di Sant'Antonio, Ro prese a dire Bunì," come poi faremo con il padrone che lo ammazzano?" E Bunì"Caro Ro, ne sono proprio addolorato perchè questo padrone, nonostante i suoi difetti, a me andava bene, e sapere che tra poche ore vengono i briganti e lo ammazzano a me ..." A questo punto le voci di Ro e di Bunì scomparvero di fronte all'urlo del padrone che con un salto ed una gran rumore, uscito dalla stalla si mise a correre all'impazzata. E corre ancora, se è vero che certi uomini del paese dicono che l'han visto, di recente, correre ancora uno a Mosca ed un altro a Timbuctù.
venerdì 15 gennaio 2010
domenica 10 gennaio 2010
Via al Blog!
CARI AMICI,
vicini e lontani, antichi e nuovi, conosciuti e da conoscere, scusatemi tutti se non vi ho inviato, a tempo debito, i dovuti auguri per Natale, l’Anno, l’Epifania, ma sono stata troppo impegnata a pensare – anche per voi – come ideare e organizzare mentalmente il nostro BLOG. Con lui, magari, vi, anzi, ci manderemo gli auguri per il Carnevale, auguri fatti di bicchieroni di Albana, frappe, fiocchetti e castagnole.
Ma, quali mai potranno essere le nostre possibili chiacchierate, i nostri scontri ed incontri, scoperte e riscoperte blogghistiche? A questo proposito direi di lasciar perdere il presente, un po’ troppo problematico, sconnesso, incongruente, pieno di incertezze forse perché confuso e smarrito, e chi più ne ha più ne metta. Meglio, dunque, tornare al passato, un po’ indietro nel tempo, e così ritrovarlo e riscoprirlo insieme, magari recuperandone le parti migliori, o più interessanti o divertenti, o semplicemente quelle che più ci piacciono, cui più teniamo. Ma di questo passato cosa scegliamo? Quello dell’infanzia? Della giovinezza? Il nostro o quello dei genitori, meglio dei nonni, o quello addirittura dei bisnonni? E dove trovarsi a rivederlo? In Città, o è forse meglio nella Campagna, quella bella campagna romagnola che ora non c’è più, una volta tutta grano ed erba medica – la spagnera -, qualche albero di gelso per i bachi da seta e le foglie, a volte per le bestie, ora invece tutte case e condomini? Si potrebbe, invece, raccontare storie del Paese, ove c’erano il mercato soprattutto del bestiame, una volta alla settimana, invece una volta all’Anno c’era la Fiera, fiere e mercati tutti ben diversi dea quelli consumistici dell’oggi. Oppure si potrebbe scendere verso la marina. Lì, verso la fine dell’Ottocento nacquero gli Stabilimenti balneari, ma per anni, quando i primi bagnanti scendevano dal treno, impolverati per il fumo nero della locomotiva, la gente locale li prendeva a sassate perché non volevano avere intorno a loro stranieri.
Forse sarà bene andarci piano con la scelta affrettata dei soggetti su cui discutere! …tanto per cominciare diamo carta bianca ad una …“ Bela burdela fresca e campagnola / da ‘i occ e da ‘i cavel cum e ‘carbon / da la boca piò rossa d’na ciarzola / te t’ci la mi passion…”.
vicini e lontani, antichi e nuovi, conosciuti e da conoscere, scusatemi tutti se non vi ho inviato, a tempo debito, i dovuti auguri per Natale, l’Anno, l’Epifania, ma sono stata troppo impegnata a pensare – anche per voi – come ideare e organizzare mentalmente il nostro BLOG. Con lui, magari, vi, anzi, ci manderemo gli auguri per il Carnevale, auguri fatti di bicchieroni di Albana, frappe, fiocchetti e castagnole.
Ma, quali mai potranno essere le nostre possibili chiacchierate, i nostri scontri ed incontri, scoperte e riscoperte blogghistiche? A questo proposito direi di lasciar perdere il presente, un po’ troppo problematico, sconnesso, incongruente, pieno di incertezze forse perché confuso e smarrito, e chi più ne ha più ne metta. Meglio, dunque, tornare al passato, un po’ indietro nel tempo, e così ritrovarlo e riscoprirlo insieme, magari recuperandone le parti migliori, o più interessanti o divertenti, o semplicemente quelle che più ci piacciono, cui più teniamo. Ma di questo passato cosa scegliamo? Quello dell’infanzia? Della giovinezza? Il nostro o quello dei genitori, meglio dei nonni, o quello addirittura dei bisnonni? E dove trovarsi a rivederlo? In Città, o è forse meglio nella Campagna, quella bella campagna romagnola che ora non c’è più, una volta tutta grano ed erba medica – la spagnera -, qualche albero di gelso per i bachi da seta e le foglie, a volte per le bestie, ora invece tutte case e condomini? Si potrebbe, invece, raccontare storie del Paese, ove c’erano il mercato soprattutto del bestiame, una volta alla settimana, invece una volta all’Anno c’era la Fiera, fiere e mercati tutti ben diversi dea quelli consumistici dell’oggi. Oppure si potrebbe scendere verso la marina. Lì, verso la fine dell’Ottocento nacquero gli Stabilimenti balneari, ma per anni, quando i primi bagnanti scendevano dal treno, impolverati per il fumo nero della locomotiva, la gente locale li prendeva a sassate perché non volevano avere intorno a loro stranieri.
Forse sarà bene andarci piano con la scelta affrettata dei soggetti su cui discutere! …tanto per cominciare diamo carta bianca ad una …“ Bela burdela fresca e campagnola / da ‘i occ e da ‘i cavel cum e ‘carbon / da la boca piò rossa d’na ciarzola / te t’ci la mi passion…”.