Cari Amici del -G and G Blog-, vi siete certo accorti tutti di come la tradizione ci racconti con estrema precisione le situazioni temporali, molto molto meglio di come possiamo leggere nei nostri attuali Oroscopi o Lunari. Anche quello degli "Smembar", nato nel 1849 in una delle più antiche Osterie di Faenza, quella d' Marianaza, frequentata da diversi intellettuali locali come Alfredo Oriani che, tra un bicchiere e l'altro, vi scrisse il famoso libro "La lotta politica in Italia". Ebbene neanche quel Luneri può dare informazioni così sicure come quelle dei contadini che si rifacevano agli insegnamenti della Tradizione. La Tradizione, se abbiamo guardato sempre con attenzione, ci ha precisato come quest'anno è stato Marzo, impreciso, svanitello e pazzerello, non mai affidabile. Non tanto diverso da Lui, sembra anche Aprile, almeno oggi. Già lo avete visto l'altro ieri notte, e poi anche ieri sera pieno di lampi, tuoni, fulmini, saette, e poi questa mattina c'era un bellissimo sole, poi di colpo ha piovuto forte, ma per poco, ed ora...non si capisce bene cosa voglia fare. Ed ecco che, per queste pericolose incertezze, ci avvisa la Tradizione raccontandoci de "Le tre caprette".
Una mamma capra non sapeva come dar da mangiare nei prati alle sue tre caprette che, nate da poco, non riuscivano ad andare a mangiare l'erba dei campi e dei prati dal momento che tra i freddi terribili di Febbraio era sopraggiunto il cattivo vento di Marzo con tutte le sue bizze. E la capra coi suoi tre caprettini, diventati magri-spinti, ad aspettare con ansia che arrivasse la Primavera e la buona stagione. Ma quell'anno niente da fare! Ad un momento di bel tempo, subito dopo vento e freddo, o pioggia, o persino neve, proprio come quest'Anno. Ed intanto i capretti ad attendere giorno per giorno sgomenti e con ansia che quel Marzo finisse ed arrivasse Aprile. E Marzo, che si divertiva delle angoscie dei capretti e ci rideva un sacco! Anche al 21,che allora si diceva " San Benedetto / La rondine sul tetto " ( e che ora è passato di moda, perchè San Benedetto l'han spostato a Giugno o a Luglio e le rondini non le si vede ancora girare nel cielo), insomma anche il primo giorno della Primavera non si poteva essere sicuri che arrivasse il tempo bello. Così, arrivati gli ultimi tre giorni di Marzo, mamma capra non resistette più, e si mise a belare dalla gioia dicendo a Marzo tutte le cattiverie possibili e finendo gioiosa "Te ne andrai pure Marzo cattivo, che ora arriva Aprile e noi saremo salve." Ed i capretti, gioiosi a ripetere, per tre giorni di seguito, 29,30,31, i rimproveri della mamma capra a Marzo, nell'attesa del buon Aprile. Marzo ne fu molto irritato, e peggio, per cui decise di vendicarsi contro questi sprovveduti capretti. Così andò da Aprile, un bel burlone anche lui, e riuscì, non so dire come, a prestargli i primi tre giorni, acquistando così la possibilità di permettersi, per quei 3 giorni, qualsiasi cosa. Così, passato il 31, i capretti con la loro mamma, felici ed affamati, a correre subito per i prati, ancora umidi e bagnati,ma ormai ricchi di tante erbette gustose. Non sapevano, poverelli, che la stagione, ancora per tre giorni, era marzolina, e che d'improvviso sarebbero venute varie burrasche, e che loro, improvvidi, allontantanatisi troppo dall'ovile, avrebbero potuto morirne!
I detti della Tradizione sono imprecisi per la conclusione. Alcuni lasciano pensare che i capretti pur senza penicillina gliela poterono fare, dopo però avere imparato bene la lezione dei mesi. Altri invece dicono che, visti alla fine da un pastore questi cercò di salvarli facendoli almeno subito asciugare mettendoli vicino ad un forno. I capretti però si misero troppo vicino al fuoco che alla fine ne morirono bruciati.
A questo punto la domanda da fare a tutti i lettori è la seguente: "Il pastore alla fine si mangiò i capretti insieme alla sua famiglia? Oppure seppellì i capretti e fece sì che la capra ne partorì degli altri?"
G.B.M.
Grazia, bellissimo questo racconto delle tre caprette. Questi mesi dispettosi che non vogliono cedere all'uomo sono un po' il simbolo della fatica di lottare di continuo contro le avversità e le cattive stagioni, che mettevano a dura prova i contadini.
RispondiEliminaChissà , forse il pastore, dopo avere fatto di tutto per salvare i capretti, alla fine ne avrà fatto una bella cena con la famiglia,contando sul ritorno del buon tempo e di poterne allevare altri con più tranquillità.
Grazia, un salutone....
G.
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RispondiEliminaChe fine abbiano fatto realmente i capretti non dovrebbe essere un mistero... in periodo pasquale. Avranno sicuramente seguito il destino del cugini agnelli, come i tacchini seguono le sorti dei capponi a Natale.
RispondiEliminaLasciando perdere il tragico destino di ovini e pennuti, mi devo complimentare con Grazia e Giovanna per i loro interventi sempre più ricchi e gustosi.
Colgo anche l'occasione per augurare buona, eccellente Pasqua a tutti gli amici del blog.
Luciano