lunedì 25 ottobre 2010
Dolci dei primi freddi.
La piadina dei morti.
Al sopraggiungere dei primi freddi , per le festività di Ognissanti, si faceva un tempo la “piadina dei morti.
E’ un dolce rustico, povero, la cui base è la pasta di pane lievitata,da lavorare ancora sul tagliere con olio versato a gocce, perché venga ben assorbito.
( Per un kg. di pasta di pane : 1 bicchiere di olio,150g.di zucchero,150g.di uvetta, 150g.di mandorle e pinoli e una decina di noci.).
All’impasto di aggiunge lo zucchero ,l’uvetta e il trito di mandorle e pinoli.
Si lavora con energia, poi si stende in un padellone o tutto in una volta o a focaccine e si ricopre con mezze noci sgusciate.
Si lascia a lievitare in luogo tiepido ancora mezz’ora poi si cuoce in forno a calore moderato.
La meca
Un altro dolce povero , di poche pretese, che la Romagna non indulgeva certo nell’imbandire dolci, era” la meca”.
Come afferma anche Grazia nel suo libro “la cucina dell’arzdora”,la meca era un misero dolcino,adatto soprattutto alle veglie nelle stalle durante le giornate di quei gelidi inverni.
Anche se ciascuno la faceva a modo suo, per prepararla bastava un po’ di farina di polenta,, un pizzico di bicarbonato, e subito se ne faceva con un po’ d’acqua un impasto al quale si aggiungeva un po’ di uva secca e appena un poco di zucchero, anche se spesso quest’ultimo passaggio si saltava.
Si impastava il tutto dando la forma di un filoncino e si metteva a cuocere avvolto in carta gialla inumidita sotto la cenere ben calda.
Una volta cotta ,la meca si tagliava a fette e si mangiava accompagnata da un bicchiere di vino.
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