lunedì 14 febbraio 2011
Le conserve "neviere".
Un tempo non c’erano frigoriferi e celle refrigeranti per conservare la carne e i materiali deperibili, così la maggior parte dei paesi si fabbricava una “conserva”neviera adatta a questo scopo.
Era una specie di grotta sotterranea ,nella quale si entrava da una galleria in fondo alla quale si apriva una porta che dava su un grande vano a forma di salvadanaio.
A San Mauro la conserva la chiamavano “La Muntilaza”, perché formava un piccolo rialzo nel terreno , ricoperto da un boschetto di marruche, i “marugheun”.
Secondo la descrizione del macellaio Ezio Maioli,che vi conservava gli animali macellati, questa conserva aveva le pareti di pietra e il soffitto a cupola con un anello al quale si attaccava il paranco per far salire e scendere i pezzi grossi di carne.
L’altezza del vano era di 4 metri circa, l’ampiezza di 20 e conteneva fino a 200 birocci di neve.
Tutti gli anni si sperava che nevicasse abbastanza per riempirla di neve o ghiaccio, quest’ultimo trasportato dai birocciai dalle valli del Ravennate, altrimenti la neve si portava giù nei sacchi dal monte Carpegna sui carri trainati dai buoi , e non poche volte arrivava sciolta e inutilizzabile.
L’inverno tra il 1903-1904 fu così mite che non nevicò e diversi paesi dovettero andare a prendere la neve a San Marino pagando 5 lire per ogni carro ,causando un esborso notevole per le finanze comunali.
La neve veniva subito messa nella conserva e ben battuta in modo da formare come una chiocciola intorno alle pareti , poi la si copriva con un’erba , l’”Erba Brujòina” che veniva raccolta nelle Valli di Comacchio e sopra , coperta da teli ,si metteva la carne macellata.
La neve in questo modo si poteva mantenere per tutta l’estate fino alla fine di settembre e a mano a mano che si scioglieva l’acqua che si formava veniva raccolta nel fondo fatto a fiasca e tramite una botola scaricata in una fossa esterna.
E ogni inverno si ricominciava……
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