Oggi è la Domenica delle Palme e in questa settimana finisce la Quaresima.
Un tempo questa festa era molto sentita nelle nostre campagne e i contadini si recavano alla Chiesa vestiti a festa , per prendere il ramoscello dell’ulivo.
Le spose portavano in chiesa i loro bambini per la prima volta alla messa benedetta per i nuovi nati,
e durante questa festa si facevano processioni alle quali i partecipanti sfilavano con in mano le palme benedette .
Una vecchia tradizione dice che se non piove per la Domenica delle Palme ,pioverà certamente il giorno di Pasqua.
Palme e ulivi benedetti venivano poi bruciati e le ceneri conservate per la celebrazione del Mercoledì delle Ceneri dell'anno dopo.
Saluti.
G.
domenica 28 marzo 2010
mercoledì 24 marzo 2010
25 Marzo : festa della MADONNA DEI GARZONI.
Nel mondo contadino, un personaggio importante ma spesso trascurato è il garzone.
Era un lavorante agricolo con contratto annuale che aveva diritto ,oltre alla paga , al vitto e all’alloggio presso il colono per cui lavorava.
Il suo contratto scadeva il 25 marzo di ogni anno , nel giorno della festa dell’Annunciazione di Maria Vergine, chiamato appunto “ e’ dè dla Madona di garzèun “,il giorno della Madonna dei garzoni.
I garzoni spesso erano poveri ragazzi, a volte poco più che bambini, che provenivano perlopiù dai borghi di montagna sovente accompagnati dai genitori , i quali cercavano così di allontanarli dalla fame e dalla miseria della famiglia e dei luoghi di origine.
Vi erano anche dei procacciatori che per tempo giravano per le contrade e per le terre più povere scegliendo i giovani più validi e adatti al mestiere per poi proporli nelle fiere ai coloni che ne avessero necessità.
Era una specie di mercato degli schiavi, che aveva le sue fiere più importanti alla Colonnella nella zona di Rimini, a Savignano e a San Zaccaria nel ravennate.
A volte i garzoni venivano invece dagli orfanotrofi che, pagando una retta per il mantenimento, affidavano alle famiglie contadine i maschietti abbandonati.
Poi, al compimento della maggiore età e cessata la retta, questi rimanevano quasi sempre nella famiglia che li aveva cresciuti diventando garzoni.
Ai garzoni venivano affidati i lavori più ingrati , erano sottomessi al padrone e si dovevano adeguare agli usi e al mangiare della famiglia che li aveva assunti : per loro non c’era mai riposo , buono o cattivo tempo che fosse.
Generalmente però la convivenza era buona ,i garzoni si integravano bene nella famiglia che li accoglieva e spesso duravano molti anni o addirittura tutta la vita a prestare la propria opera nella stessa casa , dove si facevano rispettare e dove talvolta trovavano la sposa.
E proprio una vicenda del genere è accaduta nella mia famiglia a metà 800.
Il bisnonno del mio nonno, Pietro Gobbi, era mezzadro di un grande podere della Tenuta Torlonia a S. Mauro , ma nonostante la moglie gli avesse dato numerosi figli , solo due , Lucia e Domenico ,sopravvissero.
Perciò, per mandare avanti il podere e per non essere mandato via, dovette assumere certamente dei garzoni , uno dei quali, Gaetano Marconi ,nato nel 1831, nel 1860 ne sposerà la figlia Lucia : una decina di anni dopo lo troviamo ancora nello stato di famiglia di Pietro ,già vedovo , professione garzone, con l’unica figlia, Virginia., nata nel 1866.
La figlia sposerà poi un mezzadro della Tenuta, e lui morirà nel 1887,a 56 anni, presumibilmente nella stessa casa dove aveva vissuto per quasi tutta la vita.
Saluti.
G.
Era un lavorante agricolo con contratto annuale che aveva diritto ,oltre alla paga , al vitto e all’alloggio presso il colono per cui lavorava.
Il suo contratto scadeva il 25 marzo di ogni anno , nel giorno della festa dell’Annunciazione di Maria Vergine, chiamato appunto “ e’ dè dla Madona di garzèun “,il giorno della Madonna dei garzoni.
I garzoni spesso erano poveri ragazzi, a volte poco più che bambini, che provenivano perlopiù dai borghi di montagna sovente accompagnati dai genitori , i quali cercavano così di allontanarli dalla fame e dalla miseria della famiglia e dei luoghi di origine.
Vi erano anche dei procacciatori che per tempo giravano per le contrade e per le terre più povere scegliendo i giovani più validi e adatti al mestiere per poi proporli nelle fiere ai coloni che ne avessero necessità.
Era una specie di mercato degli schiavi, che aveva le sue fiere più importanti alla Colonnella nella zona di Rimini, a Savignano e a San Zaccaria nel ravennate.
A volte i garzoni venivano invece dagli orfanotrofi che, pagando una retta per il mantenimento, affidavano alle famiglie contadine i maschietti abbandonati.
Poi, al compimento della maggiore età e cessata la retta, questi rimanevano quasi sempre nella famiglia che li aveva cresciuti diventando garzoni.
Ai garzoni venivano affidati i lavori più ingrati , erano sottomessi al padrone e si dovevano adeguare agli usi e al mangiare della famiglia che li aveva assunti : per loro non c’era mai riposo , buono o cattivo tempo che fosse.
Generalmente però la convivenza era buona ,i garzoni si integravano bene nella famiglia che li accoglieva e spesso duravano molti anni o addirittura tutta la vita a prestare la propria opera nella stessa casa , dove si facevano rispettare e dove talvolta trovavano la sposa.
E proprio una vicenda del genere è accaduta nella mia famiglia a metà 800.
Il bisnonno del mio nonno, Pietro Gobbi, era mezzadro di un grande podere della Tenuta Torlonia a S. Mauro , ma nonostante la moglie gli avesse dato numerosi figli , solo due , Lucia e Domenico ,sopravvissero.
Perciò, per mandare avanti il podere e per non essere mandato via, dovette assumere certamente dei garzoni , uno dei quali, Gaetano Marconi ,nato nel 1831, nel 1860 ne sposerà la figlia Lucia : una decina di anni dopo lo troviamo ancora nello stato di famiglia di Pietro ,già vedovo , professione garzone, con l’unica figlia, Virginia., nata nel 1866.
La figlia sposerà poi un mezzadro della Tenuta, e lui morirà nel 1887,a 56 anni, presumibilmente nella stessa casa dove aveva vissuto per quasi tutta la vita.
Saluti.
G.
lunedì 22 marzo 2010
REGALO A GRAZIA E ALLA GIOVANNA QUESTA CASA DEL SEI-SETTECENTO
sabato 20 marzo 2010
Ventuno di Marzo
E' arrivato, appena adesso l'equinozio di PRIMAVERA. Ma, prima di rendergli omaggio, dabbiamo complimentarci tutti con Piero Gobbi, nel nostro BLOG. A lui un battimani collettivo, sicuri come siamo che, anche lui, ci aiuterà a crescere ed a migliorare insieme.
Ed ora a noi tutti diciamoci " Buona Primavera". E, anche se proprio oggi non è apparsa bellissima, almeno come la si aspetta , secondo l'abituale tradizione, certo si pensa, che sarà più bella e splendente domani, rendiamole onore coi versi del poeta Angiolo Silvio Novaro insieme al loro famoso titolo " Che dice la pioggerellina di Marzo? " Chi non ricorda, qundo si era in IV o V Elementare, e, proprio in questa stagione, la Maestra voleva la sapessimo dire a memoria? E a noi bimbi piaceva e dirla e ripeterla, non solo per far bella figura, ma perchè era una poesia che piaceva,e ci faceva venire a mente impressioni ed idee tutte....primaverili. Infatti...
" Che dice la pioggerellina / Di marzo, che picchia argentina / Sui tegoli vecchi / del tetto, sui bruscoli secchi / Dell'orto , sul fico e sul moro / Ornati di gemmule d'oro?
Passata é l'uggiosa invernata, / Passata, passata! / Di fuor dalla nuvola nera, / Di fuor dalla nuvola bigia / Che in cielo si pigia, / Domani uscirà Primavera / Guarnita il gembiale / Di gemme e di gale, / Di lucido sole, / Di fresche viole, / Di primule rosse, di battiti d'ale, / Di nidi / Di gridi, / Di rondini ed anche / Di stelle di mandorlo, bianche.
Ciò canta, ciò dice, / E il cuor che l'ascolta é felice."
GBM.
Ed ora a noi tutti diciamoci " Buona Primavera". E, anche se proprio oggi non è apparsa bellissima, almeno come la si aspetta , secondo l'abituale tradizione, certo si pensa, che sarà più bella e splendente domani, rendiamole onore coi versi del poeta Angiolo Silvio Novaro insieme al loro famoso titolo " Che dice la pioggerellina di Marzo? " Chi non ricorda, qundo si era in IV o V Elementare, e, proprio in questa stagione, la Maestra voleva la sapessimo dire a memoria? E a noi bimbi piaceva e dirla e ripeterla, non solo per far bella figura, ma perchè era una poesia che piaceva,e ci faceva venire a mente impressioni ed idee tutte....primaverili. Infatti...
" Che dice la pioggerellina / Di marzo, che picchia argentina / Sui tegoli vecchi / del tetto, sui bruscoli secchi / Dell'orto , sul fico e sul moro / Ornati di gemmule d'oro?
Passata é l'uggiosa invernata, / Passata, passata! / Di fuor dalla nuvola nera, / Di fuor dalla nuvola bigia / Che in cielo si pigia, / Domani uscirà Primavera / Guarnita il gembiale / Di gemme e di gale, / Di lucido sole, / Di fresche viole, / Di primule rosse, di battiti d'ale, / Di nidi / Di gridi, / Di rondini ed anche / Di stelle di mandorlo, bianche.
Ciò canta, ciò dice, / E il cuor che l'ascolta é felice."
GBM.
giovedì 18 marzo 2010
Sempre Marzo
Che sia stato o non sia stato Marzo, è per merito suo e delle scarpette per Valentino che anche Luciano, da Longiano, carissimo e validissimo amico, è finalmente ed operativamente entrato nel Blog con un interessantissimo e valido contributo partito dalle mancate scarpette per Valentino. Ed ora entrato attivamente, deve continuare a darsi da fare, non ostante i suoi tanti impegni di lavoro. Ed è proprio per questo che l'apprezziamo ancora di più con un - grazie- collettivo.
Dopo di che si continua sempre con un altro MARZO sempre poetico e sempre pascoliano, cui io non aggiungo niente, dando tutto lo spazio, poetico o no, possibile agli amici collaboratori.
Da " Canti di Castelvecchio " -----Canzone di Marzo-----
" Che torbida notte di marzo! / Ma che mattinata tranquilla! / Che cielo pulito! / Che sfarzo di perle! / Ogni stelo, una stilla / Che ride: sorriso che brilla / Su lunghe parole / Le serpi si sono destate / Col tuono che rimbombò primo. / Guizzavano, udendo l'estate, / le verdi cicigne tra il timo, / Battevan la coda sul limo / le biscie acquaiole. / Ancor le fanciulle si sono destate, ma per un momento. / Pensarono serpi, a quel tuono, / Sognarono l'incantamento. / In sogno gettavano al vento / Le loro pezzuole. / Nell'aride bresche anco l'api / si sono destate agli schiocchi. / La vite gemeva dai capi, / fremevano i gelsi nei nocchi. / Ai lampi sbattevano gli occhi / Le prime viole. / Han fatto, venendo dal mare, / Le rondini un tristo viaggio. / Ma ora, vedendo tremare/ sopr'ogni acquitrino il suo raggio, / Cinguettano in loro linguaggio, / Ch'é ciò che ci vuole. / Sì, ciò che ci vuole. Le loro/ Casine , qualcuna si sfalda, / Qualcuna é già rotta. Lavoro / Ci vuole, ed argilla più salda, / Perchè ci stia comoda e calda / La garrula prole.
Buon lavoro, se si vuole. Anche di critica, se si vuole. GB.M.
Dopo di che si continua sempre con un altro MARZO sempre poetico e sempre pascoliano, cui io non aggiungo niente, dando tutto lo spazio, poetico o no, possibile agli amici collaboratori.
Da " Canti di Castelvecchio " -----Canzone di Marzo-----
" Che torbida notte di marzo! / Ma che mattinata tranquilla! / Che cielo pulito! / Che sfarzo di perle! / Ogni stelo, una stilla / Che ride: sorriso che brilla / Su lunghe parole / Le serpi si sono destate / Col tuono che rimbombò primo. / Guizzavano, udendo l'estate, / le verdi cicigne tra il timo, / Battevan la coda sul limo / le biscie acquaiole. / Ancor le fanciulle si sono destate, ma per un momento. / Pensarono serpi, a quel tuono, / Sognarono l'incantamento. / In sogno gettavano al vento / Le loro pezzuole. / Nell'aride bresche anco l'api / si sono destate agli schiocchi. / La vite gemeva dai capi, / fremevano i gelsi nei nocchi. / Ai lampi sbattevano gli occhi / Le prime viole. / Han fatto, venendo dal mare, / Le rondini un tristo viaggio. / Ma ora, vedendo tremare/ sopr'ogni acquitrino il suo raggio, / Cinguettano in loro linguaggio, / Ch'é ciò che ci vuole. / Sì, ciò che ci vuole. Le loro/ Casine , qualcuna si sfalda, / Qualcuna é già rotta. Lavoro / Ci vuole, ed argilla più salda, / Perchè ci stia comoda e calda / La garrula prole.
Buon lavoro, se si vuole. Anche di critica, se si vuole. GB.M.
LE FOCARINE DI S: GIUSEPPE
Alla vigilia della Festa di S. Giuseppe, in tutta la Romagna, come in molte zone d’Italia, si accendevano , e ancora si accendono, grandi e piccoli fuochi che illuminano piazze, spiagge e colline.
Si comincia una ventina di giorni prima ad accatastare la legna e una volta si diceva che ogni famiglia offriva l’ultima fascina significando che ormai l’inverno era finito.
Questi fuochi non hanno nessun rapporto con la vita di S. Giuseppe ma sono stati inseriti nella sua festa perché questa coincideva con la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.
Si tratta infatti di fuochi collegati a riti precristiani.
Avevano e hanno un significato simbolico: da un lato distruggono tutto ciò che angoscia l’individuo e la comunità, dall’altro rigenerano le persone e la natura ,ovvero introducono l’anno nuovo.
Infatti per la campagna l’anno inizia con la primavera senza contare che nella Roma arcaica l’anno si iniziava con il mese di marzo.
Le focarine sono un appuntamento molto atteso anche ai nostri tempi , si gareggia tra paesi e quartieri a chi ammassa più materiali e a chi le mantiene accese per più tempo.
Quando è rimasta soltanto la brace i ragazzi gareggiano nel “salto del fuoco” e i più grandi sparano col fucile nella notte ,mentre si fa chiasso e si chiacchera fino a notte fonda.
Non per niente la festa della focheraccia è una delle feste più antiche e amate della Romagna.
Saluti.
G.
Si comincia una ventina di giorni prima ad accatastare la legna e una volta si diceva che ogni famiglia offriva l’ultima fascina significando che ormai l’inverno era finito.
Questi fuochi non hanno nessun rapporto con la vita di S. Giuseppe ma sono stati inseriti nella sua festa perché questa coincideva con la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.
Si tratta infatti di fuochi collegati a riti precristiani.
Avevano e hanno un significato simbolico: da un lato distruggono tutto ciò che angoscia l’individuo e la comunità, dall’altro rigenerano le persone e la natura ,ovvero introducono l’anno nuovo.
Infatti per la campagna l’anno inizia con la primavera senza contare che nella Roma arcaica l’anno si iniziava con il mese di marzo.
Le focarine sono un appuntamento molto atteso anche ai nostri tempi , si gareggia tra paesi e quartieri a chi ammassa più materiali e a chi le mantiene accese per più tempo.
Quando è rimasta soltanto la brace i ragazzi gareggiano nel “salto del fuoco” e i più grandi sparano col fucile nella notte ,mentre si fa chiasso e si chiacchera fino a notte fonda.
Non per niente la festa della focheraccia è una delle feste più antiche e amate della Romagna.
Saluti.
G.
sabato 13 marzo 2010
Il Marzo di Valentino
Lo si sapeva,dalla tradizione, che Marzo si diverte sempre a fare il pazzerello. E ce ne siamo ben accorti tutti in queste settimane. Oggi,però, c'è sempre stato un bel solicello, così si può parlare di storia o di poesia un po' più rilassati e tranquilli. Infatti, era stato detto che,in Campagna, si attendeva il sole di Marzo anche per potere andare, finalmente, in giro per le strade e per i campi a piedi nudi, senza più quegli orribili scarponi,o quegli zoccoloni pesanti, di legno. Le ragazze, ma soprattutto i bambini, cui i genitori costringevano, dovendo andare a scuola, di portare le scarpe dei fratelli più grandi, o di qualche zio o cugino. Era sempre caro dover comprare un paio di scarpe, caro anche se erano rozze e scadenti. Lo racconta persino il poeta della campagna, che è il Pascoli che ricorda, nei Canti di Castelvecchio, della mamma di Valentino, la quale,improvvida, vendendo tutte le uova, mercato dopo mercato, è riuscita a tirargli fuori, fatto da lei, un bel vestitino,magari proprio per la Pasqua, ma non ha pensato, prima, di comprargli le scarpe, e, adesso.......
" Oh! Valentino vestito di nuovo, // Come le brocche dei biancospini! // Solo ai piedini provati dal rovo // Porti la pelle dei tuoi piedini. // Porti le scarpe che mamma ti fece, // Che non mutasti mai da quel dì, // Che non costarono un picciolo :invece // Costa il vestito che ti cucì. // Costa, che mamma già tutto ci spese // Quel tintinnante salvadanaio. // Ora esso é vuoto; e cantò più d'un mese // Per riempirlo, tutto il pollaio..."
Era veramente sprovveduta quella mamma. Forse prima doveva comprargli le scarpette, che poi, per il vestitino, della stoffa, anche in casa o tra gli scampoli l'avrebbe sempre trovata. Inutile continuare a dire la conclusione della poesia. Chi vuole la potrà ritrovare con facilità nelle poesie di Castelvecchio. A presto. GBM.
" Oh! Valentino vestito di nuovo, // Come le brocche dei biancospini! // Solo ai piedini provati dal rovo // Porti la pelle dei tuoi piedini. // Porti le scarpe che mamma ti fece, // Che non mutasti mai da quel dì, // Che non costarono un picciolo :invece // Costa il vestito che ti cucì. // Costa, che mamma già tutto ci spese // Quel tintinnante salvadanaio. // Ora esso é vuoto; e cantò più d'un mese // Per riempirlo, tutto il pollaio..."
Era veramente sprovveduta quella mamma. Forse prima doveva comprargli le scarpette, che poi, per il vestitino, della stoffa, anche in casa o tra gli scampoli l'avrebbe sempre trovata. Inutile continuare a dire la conclusione della poesia. Chi vuole la potrà ritrovare con facilità nelle poesie di Castelvecchio. A presto. GBM.
lunedì 8 marzo 2010
A proposito dell'8 marzo.
Nei tempi più lontani alla donna si è negata persino l’anima e,nel corso degli anni, malgrado le molte aperture della società, il cammino delle pari opportunità nell’istruzione, nelle professioni e nella politica è ancora spesso difficoltoso.
Le donne di una volta erano poco considerate e poco ascoltate dagli uomini, i quali non volevano che si intromettessero negli affari e nei loro discorsi :”tè sta’ zèta “,dicevano rimproverandole , che anche Mazzini lo aveva detto che le donne dovevano sempre stare zitte!.
In più , una volta, le mogli dovevano dare del voi al marito, il quale , quando le nominava non diceva mai “mia moglie”, ma “quella che dorme con me”, “la donna che ho in casa”, oppure “ la madre dei miei figli “,o altre amenità del genere.
E si che le donne in campagna hanno lavorato al pari degli uomini e qualcosa di più: erano sempre le prime ad alzarsi all’alba e le ultime a coricarsi, reggendo la casa con fatica, difficoltà e orgoglio.
In campagna le giovani spose erano sottomesse alla suocera-azdora, che decideva e imponeva le mansioni e a chi affidarle e non sempre i rapporti erano facili; nascevano discordie che portavano anche alla rottura definitiva e all’uscita dalla famiglia patriarcale.
Nelle famiglie contadine numerose le donne mangiavano in piedi accanto al focolare oppure insieme ai bambini presso il tagliere e le loro razioni erano sempre più scarse di quelle degli uomini.
Oltre a lavorare nei campi, alle donne toccava la cura dei figli ,dell’orto, del pollaio ,oltre ai lavori emblematici del bucato, della filatura , della tessitura e la preparazione e la cottura settimanale del pane.
Duro lavoro, poco cibo ,miseria e sottomissione hanno accompagnato le donne proletarie e campagnole per generazioni :oggi richiamarsi alle pari opportunità sembra ovvio, ma è stato un percorso lungo e difficile che ancora non è completamente concluso.
saluti.
G.
Le donne di una volta erano poco considerate e poco ascoltate dagli uomini, i quali non volevano che si intromettessero negli affari e nei loro discorsi :”tè sta’ zèta “,dicevano rimproverandole , che anche Mazzini lo aveva detto che le donne dovevano sempre stare zitte!.
In più , una volta, le mogli dovevano dare del voi al marito, il quale , quando le nominava non diceva mai “mia moglie”, ma “quella che dorme con me”, “la donna che ho in casa”, oppure “ la madre dei miei figli “,o altre amenità del genere.
E si che le donne in campagna hanno lavorato al pari degli uomini e qualcosa di più: erano sempre le prime ad alzarsi all’alba e le ultime a coricarsi, reggendo la casa con fatica, difficoltà e orgoglio.
In campagna le giovani spose erano sottomesse alla suocera-azdora, che decideva e imponeva le mansioni e a chi affidarle e non sempre i rapporti erano facili; nascevano discordie che portavano anche alla rottura definitiva e all’uscita dalla famiglia patriarcale.
Nelle famiglie contadine numerose le donne mangiavano in piedi accanto al focolare oppure insieme ai bambini presso il tagliere e le loro razioni erano sempre più scarse di quelle degli uomini.
Oltre a lavorare nei campi, alle donne toccava la cura dei figli ,dell’orto, del pollaio ,oltre ai lavori emblematici del bucato, della filatura , della tessitura e la preparazione e la cottura settimanale del pane.
Duro lavoro, poco cibo ,miseria e sottomissione hanno accompagnato le donne proletarie e campagnole per generazioni :oggi richiamarsi alle pari opportunità sembra ovvio, ma è stato un percorso lungo e difficile che ancora non è completamente concluso.
saluti.
G.
domenica 7 marzo 2010
Franco é tornato.
Franco é tornato con noi e non c'é stato bisogno di pagare alcun riscatto : pare, a quel che ha detto appena liberato, che essendosi messo a raccontare tutto sulla campagna di una volta i pirati, e soprattutto le piratesse, non vedevano l'ora di dargli la mola. Almeno é quanto ha riferito all'atto della liberazione ed ora dobbiamo di nuovo sopportarlo con tutte le sue storie e storielle su la campagna delle Marche.
venerdì 5 marzo 2010
giovedì 4 marzo 2010
Le Bizze di Marzo
Cari Amici, avete visto le bizze di Marzo! Come quelle di un bambinetto viziato e capriccioso. E sì che il primo giorno aveva iniziato bene, con quel bel sole di prima mattina! Ma non dimentichiamo che, in fondo, si tratta solo del terzo mese dell'Annata, quindi è ancora giovane ed allegro,vivacissimo e birichino. Ora,però, con l'attuale tempaccio, non possiamo pensare alle campagnole che andavano subito scalze per i campi. Naturalmente,come ben precisa Giovanna, tutti in campagna abbandonavano gli zoccoloni e, finalmente liberi, andavano a piedi nudi. Però entrando nel centro del Paese,il giorno del Mercato, o a Messa,o alla Scuola,le scarpe,portandosele dietro in un canestro,pur con tanta fatica bisognava pur mettersele. Ma anche in questo caso c'erano problemi. Questo è l'argomento di cui vi dirò la prossima volta. Tra l'altro,ora, devo accennarvi a quel che accade al nostro importante SOSTENITORE Franco.Da imprecise notizie pare che sia caduto in mano ai PIRATI,quelli di cui tanto si parla in questi giorni.Uno potrbbe pensare che non sia vero,ma..perchè lui che è così allegramente logorroico, ora, invece, tace!?Naturalmente faremo subito le immediate ricerche. A presto. GBM
lunedì 1 marzo 2010
Inizia Marzo
La Campagna, quella di una volta, era piena di detti, modi di dire,proverbi, ricchissima,com'era,di tradizioni. Mi si è detto che,nella campagna di una volta, ogni giorno, diversamente dal precedente e da quello successivo, aveva il suo detto particolare, adatto alla giornata. Così oggi, com'è scritto nel "titolo",inizia Marzo.E voi ne siete stati attenti? Non ora, ma avete visto com'era la mattinata? C'è stato un sole splendido!!! Certo non ha resistito per tutta la giornata,e dopo mezzogiorno lentamente se ne è andato scomparendo entro le nuvole. Ma intanto c'è stato! E proprio come voleva la TRADIZIONE, così che le ragazze, quelle della CAMPAGNAPPENAIERI, quelle " bele burdele fresch'e campagnole " , o anche " romagnole " che dir si voglia, potessero andare nel posto più giusto del podere, sì da inchinarsi col loro deretano in vista, ben scoperto, che tanto allora le donne di campagna, anche se qualcuna l'avevano nel corredo, non le usavano quasi mai le mutande, e così urlavano tranquille al primo sole di Marzo " Cusm e' cul, e ne cusm'etar". Cuocimi il culo e non cuocermi altro, dicevano le belle ragazze, non tanto perchè volevano marito, che quello lo avrebbero prima o poi trovato, quanto perchè volevano rimanere bianche in viso, nel collo, nelle braccia, insomma così com'erano le schizzinose ragazze e signore del Paese, tutte candide con i loro cappellini che mutavano quando volevano. Anche le campagnole andavano nei campi con dei fazzolettoni e sopra,in più il cappellone di paglia, che a par loro le mussulmane parevano spoglie,in testa, ma,lavorando per ore, il sole le colpiva ugualmente,ora di fianco, da destra, davanti, da sinistra.
Le ragazze in campagna lavoravano sodo,per certi lavori come gli uomini. Ed allora,oltre alle preghiere di Marzo, ai fazzolettoni e ai cappelloni, bisognava anche andare nella farmacia del Paese, il giorno del Mercato, e,dopo aver venduto un bel po' di uova, si poteva comprare,che costava sempre molto, il Biancardi, che ungeva tantissimo e lasciava l'unto nelle lenzuola.
Favole della Tradizione, si potrebbe stoltamente pensare. Pura verità,invece! Quella bella crema ideate dal dattor Biancardi la si trova anche ora nelle farmacie e la vanno a comprare, come ho visto anch'io, le ragazze e le signore africane. GBM
Le ragazze in campagna lavoravano sodo,per certi lavori come gli uomini. Ed allora,oltre alle preghiere di Marzo, ai fazzolettoni e ai cappelloni, bisognava anche andare nella farmacia del Paese, il giorno del Mercato, e,dopo aver venduto un bel po' di uova, si poteva comprare,che costava sempre molto, il Biancardi, che ungeva tantissimo e lasciava l'unto nelle lenzuola.
Favole della Tradizione, si potrebbe stoltamente pensare. Pura verità,invece! Quella bella crema ideate dal dattor Biancardi la si trova anche ora nelle farmacie e la vanno a comprare, come ho visto anch'io, le ragazze e le signore africane. GBM
Iscriviti a:
Post (Atom)