venerdì 30 dicembre 2011
Buona fine e buon inizio.
L’ultimo giorno dell’anno la Chiesa l’ha dedicato a San Silvestro, il Papa sotto il quale l’Impero Romano da pagano divenne cristiano.
Come in tutte le feste che cadono nel periodo solstiziale, come leggiamo nel Lunario di Cattabiani ,anche a Capodanno si traggono presagi per l’anno venturo.
Per esempio in molte parti d’Italia si dice che se l’anno comincia di mercoledì o di domenica sarà buono, di venerdì cattivo…
Quanto agli anni,i pari porterebbero un raccolto abbondante, mentre sarebbero sfortunati quelli in cui compare il sette , un suo multiplo o il numero tredici.
Riti usati e abusati sono l’uso di mangiare noci, uva e lenticchie, indossare qualcosa di nuovo o di rosso,baciarsi sotto il vischio.
In quanto al primo giorno dell’anno, un tempo si stava molto attenti alla prima persona che si incontrava per strada : non doveva essere una donna , o un povero o un vecchio, perché erano presagi infausti.
Anche l’anno bisestile era considerato poco propizio, e dicevano: “quando l’anno vien bisesto,non fan bachi e non fanno innesto”.
Una volta, nelle campagne ,la mattina presto del primo giorno dell’anno era facile trovare gruppi di
bambini che andavano casa per casa a “dè e’ bòn àn”…
Bussavano alle porte dicendo: “bon dè, bon àn, la fortuna par tòt l’àn”e in cambio degli auguri ricevevano qualche dolce, qualche noce o un soldino.
mercoledì 28 dicembre 2011
Sua Maestà il Maiale
Una volta l’uccisione del maiale avveniva solitamente tra il 13 dicembre, San’Andrea ,e il giorno di Sant’Antonio Abate, anche se qualcuno preferiva farlo nel periodo di Carnevale.
Il consumo delle carni, o meglio, di tutto il maiale, non ha mai avuto momenti di stanca.
Dai Romani in poi, lo si continua a cucinare in tutti i modi, e lardo e strutto sono stati usati come condimento fino ai nostri giorni, anche se oggi molto di meno.
Il primo trattato sui salumi italiani la dobbiamo agli storici del XVI sec. Teofilo Folengo e Tommaso Garzoni,che annotano nella loro mappa le soppresse napoletane, le salsicce toscane,il salame piacentino,la mortadella cremonese diversa da quella modenese che veniva stufata e si mangiava con legumi e frutta macerata….
Alcune ricette antiche si sono salvate,altre col tempo e con l’avvento di nuove mode e nuovi appetiti si sono dimenticate, come l’usanza di lessare il maiale, tanto che il brodo “lardiero”si è ormai perso nei secoli sei secoli.
Negli ultimi decenni anche il sangue del maiale non viene più utilizzato come una volta per sanguinacci cucinati a tocchetti con la cipolla come in Romagna o in saporite schiacciate come in Toscana.
Oggi , anche nelle campagne, sono rimasti in pochi a “smettere” il maiale in casa per conto proprio, è un lavoro complicato , ci vuole spazio e anche un luogo idoneo per conservare i salumi e i prosciutti.
Adesso non c’è più la necessità di fare una scorta di cibo per tutto l’anno come avveniva al tempo dei nostri nonni:allora uccidere il maiale era una vera e propria faccenda di sopravvivenza, perché era quasi la sola carne, insieme a qualche gallina o coniglio, che assicurava un buon nutrimento quando si cominciavano i lavori faticosi da aprile in poi.
domenica 25 dicembre 2011
La data del Natale
Secondo la tradizione, il Cristo sarebbe nato il 25 dicembre del 743° anno dalla fondazione di Roma, considerato il primo della nostra era.
Ma quando Gesù sia effettivamente nato non lo sapiamo.
Nel Lunario di Cattabiani viene comunque evidenziato il fatto che il giorno 25 dicembre non è storicamente sostenibile ,perché nel Vangelo di Luca si racconta che in quel periodo nelle campagne di Betlemme alcuni pastori vegliavano di notte facendo la guardia al gregge.
Siccome i pastori ebrei partvano per i pascoli all’inizio di primavera tornando in autunno, è evidente che il Cristo nacque tra la fine di marzo e il primo autunno; tant’è vero che fino al principio del IV secolo il Natale veniva festeggiato, secondo i luoghi,o il 28 marzo o il 18 aprile o il 29 maggio.
Quella del 25 Dicembre è una data convenzionale: nella seconda metà del III secolo si affermò nella Roma pagana il culto del Sole e in suo onore l’imperatore Aureliano aveva istituito una festa al 25 dicembre, il Natalis Solis Invicti.
Questo Natale del Sole Invitto celebrava il nuovo “Sole rinato” dopo il solstizio invernale con giochi e cerimonie grandiose.
Molti cristiani erano attirati da queste cerimonie spettacolari , così la Chiesa Romana, preoccupata che questi riti oscurassero la diffusione del cristianesimo , pensò bene di celebrare nello stesso giorno il Natale del Cristo.
La festa, già documentata dei primi decenni del secolo IV,si estese, a poco a poco, al resto della cristianità.
Ma nel secolo V il Natale del Sole Invitto era ancora vivo, tant’è vero che papa Leone Magno ammoniva i fedeli a non partecipare ai suoi riti pagani e a non inchinarsi all’astro , come facevano in molti, prima di entrare in chiesa.
domenica 18 dicembre 2011
le filastrocche di Natale.
In molte famiglie, una volta,per Natale, si insegnava ai bambini di recitare dei sermoni o ,come le chiamavano in Romagna,“al pasturèli” ,per averne poi premi o regali.
Ecco due esempi di queste antiche filastrocche :
La mi mama per Nadèl
La m’à prumess e’ pèn spezièl,
di zucarèn e dal zambèli
e tènt ètar robi beli.
La mi à prumess a cundiziòn
Ch’imparess un bel sarmòn.
Tota nòta a l’ò sugnè
Stamatena am so livè
E’ sarmòn a l’ò imparè.
A j ò det e mi sarmunzèn
Mama, cl’la mi daga i zucarèn.
La mia mamma per Natale/mi ha promesso il pan speziale/zuccherini e ciambelle/e tante altre cose belle/.Mi ha promesso a condizione / che imparassi un bel sermone/.Tutta notte l’ho sognato/, stamattina mi sono alzato/ il sermone l’ho imparato/.Ho detto il mio sermoncino/ mamma mi dia lo zuccherino.
Sta nota a mezanòtt
Un’ora a nènz e’ bòt,
l’è ned un Bambinèl,
tra e’ bò e l’asinèl.
Con e’ su fiè lò i l’arischèlda,
San Jusèf l’è lè che guerda;
la su mama la l’fàsa,
la i strènz i su pinèn
Gesù mio, che bel Bambèn!
A l’è d’intòran tot fa ligrèza,
tot adòra e Bambinèl;
i pastùr i sona la piva,
la piva e ancora e pivèn,
i fa ligrèza a e’ bel Bamben.
E’ sarmòn a l’ò finì:
la mi mama ,dèm un bajoch,
o dasiman du, se un l’è tròp!
Stanotte a mezzanotte/un’ora prima del tocco/ è nato un Bambinello/ tra il bue e l’asinello/.Con il loro fiato lo riscaldano/,san Giuseppe è lì che lo guarda, la sua mamma lo fascia/ gli stringe i suoi piedini/: Gesù mio, che bel Bambino./ Lì intorno tutti fanno festa,/ tutti adorano il Bambinello/,i pastori suonano la piva/ la piva e lo zufolino/ fanno festa al bel Bambino./ Il sermone l’ho finito/
Mamma datemi un baiocco/ o datemene due, se uno vi sembra troppo.
venerdì 9 dicembre 2011
La cinciallegra.
La cinciallegra è il tipo di cincia che in giardino si vede più frequentemente, soprattutto in autunno e in inverno, quando, insieme ad altre specie di cince ,si esibiscono in un vero e proprio spettacolo di acrobazie e volteggi velocissimi.
La cinciallegra è la più grande delle cince ( arriva a una lunghezza di 15 cm ),il suo canto è semplice e le sue note limpide e chiare assomigliano a suoni di campanellini.
Le cince difendono il loro territorio tenacemente e il maschio , se vuole conquistare una femmina, le mostra tutti i luoghi possibili del suo territorio dove è più idoneo e sicuro nidificare.
E’ la femmina che alla fine sceglie,così come è sempre lei che fa il nido, dove deporrà da 6 fino a 14 uova.
E quando nascono i piccoli, ecco che comincia il vero e duro lavoro per i genitori: quello di fare avanti e indietro anche più di 600 volte al giorno per sfamare i figlioletti.
La cinciallegra si ciba di insetti e delle loro larve, di ragni,di piccoli lombrichi e di semi ,bacche e frutti vari.
Nei nostri giardini sarà più facile vedere saltellare le cinciallegre in terra o nel prato, al contrario delle cinciarelle che invece si vedono più spesso in equilibrio sui rametti degli alberi mentre becchettano qualcosa a testa in giù.
sabato 3 dicembre 2011
Magica salvia.
La salvia, insieme al rosmarino, è da sempre l’erba aromatica più usata in cucina , anche quella romagnola.
Si usa con tutte le carni, per cuocere il pesce al forno,per la cacciagione,nei primi piatti, in certi ripieni e per insaporire l’olio e l’aceto.
Un tempo, quando non c’era la possibilità di comprare medicine, la salvia era usata in tanti medicamenti casalinghi che si tramandavano da madre in figlia.
Infatti un vecchio proverbio dice: “Chi ha salvia nel suo giardino, non ha bisogno del dottore”.
Il decotto di salvia fatto nell’acqua bollente giovava in caso di dissenteria, mentre il decotto di alcune foglie fatto col vino era consigliato per la tosse ostinata.
Con gli infusi di salvia si curavano infezioni della bocca e se ne facevano gargarismi in caso di mal di gola.
Con le foglie poi ci si pulivano i denti strofinandoli , medoto questo antichissimo.
Insomma la salvia è una pianta quasi salvifica, , tanto che un proverbio dice” Se molto vuoi campare, salvia hai da mangiare”e la Scuola Salernitana insegnava: “
Perché l’uom morrà cui fresca nel giardin la salvia cresca? L’uso della salvia i nervi allena all’uso,il tremito frena delle mani,ed anche aiuta a scacciar la febbre acuta…..”
Infine una ricetta,il risotto con la salvia. Per 4 persone:
Tritare una cipolletta e farla appassire in due cucchiai d’olio,unire 300 grammi di riso ,farlo tostare e poi bagnarlo con 1 bicchiere di vino bianco secco.
Cuocere il riso aggiungendo brodo bollente a poco a poco
e intanto spezzettare 6 foglie di salvia e farle rosolare in un po’d’olio .
Unire la salvia al riso ormai pronto,mantecare con 2 noci di burro
e due cucchiai di parmigiano.
Lasciare riposare un paio di minuti e servire nei piatti spolverando ancora con un po’di formaggio.
giovedì 1 dicembre 2011
Dicembre gelato non va disprezzato.
In dicembre i contadini ormai facevano scarsi lavori nei campi per via del cattivo tempo e passavano molte ore nelle tiepide stalle ,mentre gli anziani guardavano il cielo trovando qualche segno che presagisse pioggia o neve.
Se si annuvolava sopra la brina, per esempio,dicevano che era segno di pioggia: quand ch’è u s’anòvla sora la bròina, e piòv ninz che sia matòina.
Anche la Luna dicembrina era foriera di pioggia, come dice quest’altro proverbio: La Lòna ad dizembar quand che la vnirà,piò bagnèda che sòta la sarà.
Ma “dicembre gelato non va disprezzato” perché il freddo fa bene alla campagna e poi ci si può consolare con il detto: “dicembre ogni cosa-fa sacra e preziosa”.
Infatti dicembre conduce al Natale ,passando per feste di Santi e ricorrenze varie che sono elencate in questa vecchia filastrocca che Livio Carloni data al 1946.
Il quattro Santa Barbara beata,
il sei San Nicolò che vien per via,
il sette Sant’Ambrogio di Milano
e l’otto Concezion Santa Maria;
il dodici convien che digiuniamo,
il tredici ne vien santa Lucia,
il ventun San Tomè: la Chiesa canta
il venticinque abbiam la Festa Santa.
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