giovedì 26 maggio 2011
Un coro di solisti
Fringuello maschio
Quando all’inizio della primavera il sole comincia di nuovo a riscaldare l’aria, il fringuello è uno dei primi a far sentire la propria voce.
Viene seguito subito dal canto degli storni, dei merli , degli usignoli e dei tordi.
A fine maggio saranno tutti presenti e il coro raggiungerà dimensioni “sinfoniche”.
In questo grande concerto ogni uccello riconosce il motivo dei suoi simili,perché ogni specie ha il suo motivo caratteristico.
Di ogni specie sono solo gli esemplari maschi che cantano, mentre le femmine emettono soltanto qualche suono e sembrano non essere neppure interessate alla cosa.
I maschi invece rispondono subito al canto di un loro simile: quasi sempre, infatti, è un segnale di un maschio che vuole far sapere che quella zona è già occupata eche la difenderà con tutte le sue forze!.
All’alba, quando non c’è ancora traffico e città e campagne dormono ,molti uccelli canori ci deliziano con i loro magistrali concerti primaverili a cui tutti partecipano, anche le specie più schive, che raramente si vedono di giorno.
venerdì 20 maggio 2011
I fagioli dall'occhio.
In Italia il fagiolo è stato coltivato fin dall’antichità.
Era il fagiolo dall’occhio, l’unico fagiolo autoctono del Vecchio mondo, essendo originario dell’Africa e dell’Asia, da non confondere con i fagioli che si trovano oggi in commercio, che provengono invece dall’America.
Il fagiolo dall’occhio , chiamati così per la caratteristica macchiolina nera tonda, è piccolo, con buccia sottile e pasta cremosa.
Se un tempo erano molto consumati e fino a qualche decennio fa ancora apparivano sulle nostre tavole, ora sono quasi scomparsi e sono coltivati solo in alcune zone della Puglia e della Toscana.
Quelli che troviamo in commercio, se li troviamo, provengono quasi tutti dalla Nigeria, grande produttrice in quanto questo legume sopporta molto bene la siccità e cresce vigoroso anche nei terreni aridi.
Il fagiolo dall’occhio era il classico fagiolo dell’orto di campagna : si seminava in maggio e si raccoglieva fresco dalla prima quindicina di ottobre e secco a fine novembre.
I fagioli erano molto consumati nelle famiglie campagnole di una volta: col sugo di fagioli si condiva la polenta,oppure si facevano minestre in brodo con fagioli e manfrigoli o maltagliati di pasta matta.
E poi c’è la zuppa di fagioli, i “fasùl s-cèt” cioè schietti, da soli, senza sfoglia o pasta o altro….al massimo solo qualche tenera cotica.
La ricetta è semplice:si fanno cuocere a fuoco basso lentamente i fagioli tenuti a bagno per tutta la notte, salando solo verso fine cottura.
A parte , in una pentola ,si fa soffriggere in due cucchiai d’olio uno spicchio d’aglio schiacciato e un rametto di rosmarino.
Si aggiunge un cucchiaio di conserva di pomodoro e vi si versano sopra i fagioli lessati con la loro acqua , lasciando sul fuoco ancora dieci minuti.
Una parte dei fagioli si può anche passare al passaverdure per rendere la zuppa più densa, che poi viene servita con fettine di pane raffermo ,come si usava una volta, quando si faceva per mangiare il pane secco o la piadina avanzati i giorni prima.
domenica 15 maggio 2011
E' mi fiòmm- il mio fiume.
Questa è una poesia dedicata da Tonino Guerra al fiume Marecchia, il fiume profondamente ferito e derubato di sabbia ,ghiaia e sassi negli anni precedenti la legge regionale del 1976 ,che ha messo un freno a un disastro che mostra ancora oggi i suoi segni.
E’ mi fiòmm
Eulta e’ mi fiomm
U i è tòtt un mond
Ch’l’è fat ad càni, ad fraschi
E bagaròzz ch borma te su bòzal,
chi sòuna se tai scroll;
mo sa girài?
E u i è dal counchi ‘d rèina
Da stè cuclèd dri l’aqua
In zica d’or
S’ona ad cal sdazi veci da farèina .
Te zil
Una culomba a un tèir ad s-ciòp.
Lungo il mio fiume/ si muove un mondo/ di canne di frasche/
Di bacherozzi che dormono nel bozzolo/e suonano se li sbatti;
chissà che cosa diranno.
Ci sono avvallamenti di sabbia/da star accoccolati vicino all’acqua/
Per cercare l’oro/con un vecchio setaccio da farina.
Nel cielo c’è/ una colomba a un tiro di schioppo.
Da : “I bu” Maggioli Editore.
martedì 10 maggio 2011
La cicoria, l'erba del sole.
Da un punto di vista simbolico la cicoria è consacrata addirittura al sole, perché il suo fiore si apre al suo sorgere e si chiude al tramonto e nel vocabolario ottocentesco dei sentimenti rappresentava la frugalità e la temperanza.
Si trova quasi ovunque ,nei luoghi erbosi dal mare fino alla regione montana e ne esistono molte varietà, anche a foglie colorate .
La più comune è quella selvatica , che cresce ai bordi delle strade e dei sentieri assolati.
Ha radice a fittone ,fusto ramoso che può raggiungere il metro di altezza, e porta capolini di fiori sfrangiati di un bellissimo e inconfondibile azzurro da aprile fino all’autunno.
Se ne usano radici e foglie: dalle radici seccate, tostate e macinate un tempo si ricavava un surrogato del caffè, mentre le foglie sono commestibili solo quando la pianta è giovane e tenera, quando spuntano i tenui capolini celesti ormai le foglie sono dure e inutilizzabili.
Nelle campagne un tempo la cicoria era usata come medicamento per farne decotti contro le coliche intestinali , la stitichezza e per favorire la digestione.
sabato 7 maggio 2011
"LA LUMINOSA"
Alla fine di ogni mese lunare, quando la luna lascia vuoto lo spazio e solo un’orma ,un labile segno ne indicano la remota presenza, la temperatura scende , il tempo peggiora ,le nubi si inseguono e le onde del mare entrano in agitazione.
Lungo il corso del suo mese,la luna causa diversi effetti secondo le sue diverse fasi .
Quando cresce , tutti i corpi che abitano la terra e il mare si gonfiano e si riempiono insieme a lei.
La sua luce riscalda i semi, rende più vivaci le erbe, rinvigorisce le radici , gonfia i frutti sugli alberi e le viti, fa scorrere più rapidamente il sangue nelle vene degli uomini e favorisce il concepimento dei bambini e degli animali.
In questi giorni la pupilla del gatto , animale notturno, diventa più larga e rotonda,le formiche sono al massimo della loro attività e la farina , lavorata dai fornai ,fermenta anche senza lievito.
Quando invece la luna ritorna verso la propria consumazione i corpi si asciugano, il suolo inaridisce,i semi e la frutta rallentano la crescita, il sangue è più pesante , la pupilla del gatto si assottiglia e le formiche riposano.
Mentre la Terra gira, le acque marine più vicine alla Luna vengono attratte dalla sua forza di gravità, causando il fenomeno dell’alta marea, che può variare dal mezzo metro del livello medio delle acque del Mediterraneo fino ai 19 della Baia di Fundy in Canada.
Un tempo non c’era contadino che regolasse i lavori nei campi ,in cantina o le semine senza tenere conto delle fasi della luna.
Oggi con un’agricoltura intensiva e di sfruttamento la luna non la guarda più nessuno, e finalmente ha preso campo il proverbio che dice” Se il contadino guarda la luna, di cento faccende non ne fa una”……
martedì 3 maggio 2011
Lumache a primavera......
Un tempo, a primavera, dopo una notte di pioggia in campagna si poteva incontrare più di una persona con un paniere pieno di lumache, raccolte nelle vigne e nei prati.
Tutti in campagna una volta sapevano cucinarle e le lumache avevano molti estimatori , un po’ perché costituivano un cibo praticamente a costo zero, ma anche proprio per il gusto di mangiarle , un gusto particolare che o piace o non piace.
Oggi a molti parlare di mangiare lumache fa senso, ma quelli che le hanno provate, quando ancora si raccoglievano senza paura di veleni o simili, ne hanno molta nostalgia.
Certo è che le lumache bisogna saperle trattare e quando io ero bambina questo compito era dei miei nonni.
Il nonno le raccoglieva di buon mattino e le imprigionava in una tinozza di legno chiusa da un coperchio fermato con un mattone.
Le lasciava spurgare per un certo numero di giorni, le lavava e rilavava con l’acqua del pozzo e poi con acqua, aceto e sale grosso per toglierne il viscido, poi subentrava la nonna.
Lei metteva su il suo calderone e le faceva cuocere per un’ora abbondante in modo che si potessero togliere dal guscio, una volta estratte si pulivano,si sciacquavano ancora in acqua e aceto e si poteva procedere alla preparazione.
In casa nostra si cucinavano preferibilmente in umido , in un sugo di pomodoro, aglio e prezzemolo ,oppure fritte , che secondo me era la morte sua….
Per farle fritte si asciugavano, si infarinavano e si friggevano nello strutto, quando erano belle dorate e croccanti,si scolavano sulla carta gialla , sale ,pepe, e …sì, cose di ieri,proprio della campagna di appena ieri!
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