mercoledì 22 dicembre 2010

Natale nella campagna appena ieri.


Natale è una festività che anche una volta in campagna si è sempre cercato di rispettare con tutti i doveri cattolici e tradizionali.
Anche le famiglie più povere cercavano ,per quanto possibile,di rimediare un buon pranzo ,un ceppo per il camino ,“e’ zòc ad Nadèl”,e qualche dolce per i bambini di casa.
I giorni precedenti il Natale nelle famiglie contadine si faceva un po’ di ordine in casa, si cambiavano le lenzuola, uomini e bambini si tagliavano i capelli , (lavoro che di solito faceva una donna di casa , mia nonna per esempio era molto brava, a noi nipoti ha tagliato i capelli finchè non siamo andati a scuola) e si facevano le pulizie personali.
Molti, soprattutto gli anziani, facevano il bagno per Natale e poi per Pasqua, ma anche gli altri di famiglia non è che lo facessero molto più spesso,soprattutto l’inverno.
Scaldavano l’acqua nel paiolo sul fuoco del camino e la trasportavano nella mastella del bucato nella stalla: si lavavano lì,spesso più di uno nella stessa acqua, dato che era il luogo più caldo della casa.
In molte famiglie contadine il mattino della vigilia facevano il pane e la tradizionale ciambella che i più ricchi arricchivano con uva passa o noci e poi preparavano baccalà o cefali o “buratelli”per la sera ,o qualche piatto di magro come i cardi in umido, perché nessuno ,anche chi non era particolarmente rispettoso della religione , si sarebbe sognato di non onorare la vigilia.
Il pranzo di Natale ,nella campagna di una volta ,era per i più abbastanza modesto ; consisteva principalmente di gallina in brodo e tagliolini e solo per chi poteva permetterselo cappone,pasta ripiena o pasta al forno, ma c’era anche chi doveva accontentarsi di molto meno…..soprattutto per”casanti ”e braccianti che d’inverno andavano avanti di polenta e fagioli perché lavoravano poco e dovevano tirare la cinghia.
Il pomeriggio e la sera lo passavano in compagnia di amici e parenti a giocare a carte o a mangiare brustolini, ed era festa grande se c’erano castagne arrosto con un bicchiere di vino o meglio vin brulè che scaldava e faceva allegria.
Il Natale di una volta, fino agli anni a cavallo della Seconda Guerra,era un Natale senza albero, senza presepe , senza addobbi e senza regali, un giorno di festa come lo poteva essere una festa parrocchiale, con forse qualcosa in più in tavola e magari un bracciatello o un’arancia o un mandarino per i bambini, frutto allora quasi sconosciuto in campagna.
Già la cena della sera rientrava nella normalità di tutti i giorni , le donne non lasciavano per molto la rocca e filavano anche quel giorno fino a tardi , perché come dice un proverbio: “ Chi di Nadel non fila, di carnavèl suspira” , cioè chi ha tempo, non aspetti tempo, festa o non festa che sia.

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