domenica 13 giugno 2010
Il bucato dell'azdòra
Alle periferie delle città di Romagna e nei borghi, c’era sempre una fontana e un lavatoio: una grande vasca in muratura ,magari divisa in scomparti,con i bordi inclinati verso l’interno per servire come superficie dove appoggiare i panni da insaponare e da battere. Il risciacquo avveniva nell’acqua comune, continuamente rinnovata dalla fontana.
Spesso i lavatoi ,quelli di città,erano anche coperti,per i giorni di pioggia.
Ce n’erano di grandi con molti posti e altri più piccoli per una ,due o quattro persone.
In campagna, invece,dove esisteva un comodo canale o un ruscello o un fiume ,le donne andavano a lavare lungo le rive ,inginocchiate ,a faticare appoggiando i panni su un’asse di legno o su una larga pietra piatta che era stata trascinata apposta per quell’uso.
Molto spesso la prima parte del bucato avveniva in casa ,quando alla mattina molto presto si accendeva il fuoco sotto “la mastella”,il grande contenitore che serviva a mettere in ammollo i panni nell’acqua calda insieme al sapone e alla cenere setacciata.
Dopo qualche ora si faceva un primo lavaggio per togliere lo sporco grosso e poi si rimettevano i panni nuovamente nella mastella col “ranno “caldo e si lasciavano in ammollo tutta la notte.
La mattina dopo si rilavavano i panni strofinando a lungo vigorosamente con le mani e poi si risciacquavano sbattendoli forte perché non rimanesse nessun residuo di sapone.
Le donne di campagna che ne avevano la possibilità si recavano al canale o al fiume portando i panni su una carriola o su un carro tirato dal mulo se il corso d’acqua era lontano. In questo caso si portavano qualcosa da mangiare perché avrebbero avuto da fare per parecchie ore.
Le lavandaie di solito andavano in coppia perché bisognava essere in due per strizzare i pesanti lenzuoli di tela e a mano a mano che i panni erano pronti si mettevano ad asciugare sui prati o sulle siepi intorno,oppure si portavano a casa bagnati e si stendevano poi in cortile sui fili tesi tra due bastoni.
Per le donne di un tempo il giorno del bucato ,che si faceva di solito due volte al mese,era un giorno particolarmente faticoso.
Non per niente un proverbio dice:” Quand che l’azdòra la fa la bughè, s’l’amàza òn, l’è bèn mazè.
G.
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Come sempre Gopvanna è bravissima a darci interessanti e precise indicazioni sul mondo di "appena ieri". Anche Pascoli arrivava a sottolineare i problemi psicologici partendo dal mondo della campagna, questo soprattutto nelle Myricae. Chi non ricorda le sue "Lavandare", con i versi... " E cadenzato dalla gora viene / lo sciabordare delle lavandare / con tonfi spessi e lunghe cantilene ". Quello che, ora, ci piacerebbe anche sapere come erano le cantilene. Forse in una indagine delle cante di una volta lo si riuscirebbe ad individuare. GBM
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