martedì 18 maggio 2010
Gli spaccapietre
Un tempo ,nelle strade , anche quelle di campagna, si spargeva ghiaino minuto,ma i fondi e le massicciate erano fatti di sassi spaccati, ricavati a colpi di martello.
Esiste tutta una letteratura sugli spaccapietre: Quondamatteo ricorda quelli che sulle banchine del porto di Rimini lavoravano seduti davanti a mucchi di grossi ciottoli che i barrocciai portavano dal fiume vicino.
Altri spaccapietre lavoravano sul posto, presso gli argini del Marecchia,tutti bianchi di polvere , e mia mamma ricorda di averli visti anche negli anni dopo la guerra.
Era un mestiere tra i più ingrati, sia nei mesi estivi,quando stavano ore sotto il sole spaccando sassi dall’alba al tramonto,sia d’inverno con il freddo e le gelate.
Con ogni tempo, dunque ,lo spaccapietre sedeva sul suo mucchio di sassi di fiume e consumava la sua giornata, finchè la massa che stava alla sua sinistra non era passata dall’altra parte , ridotta dal suo pesante martello in frantumi di breccia acuta e tagliente.
Spesso il sasso era troppo duro, oppure il martello batteva in falso e, malgrado l’abilità ,ci scappava qualche ammaccatura ,non di rado fino al sangue.
Tutti gli spaccapietre avevano mani callose e deformate ,le gambe storte e rigide per lo stare a sedere così tante ore ,la schiena curvata e il corpo martoriato dai dolori.
Più che un lavoro era una condanna,e spesso ad un certo punto dovevano smetterlo per le mani rovinate dai colpi di martello o per gli occhi malati per la polvere e le minute scheggie che superavano la precaria protezione degli occhiali con la rete.
G.
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"I carater caricavano di ghiaino del Marecchia, che tempo addietro aveva larghissimo letto, i loro tipici birrocci, piccoli ma pesantissimi, alte le due ruote che non affondassero nel fango, il mulo che tirava; il ghiaino serviva anche per gli stradini e i cantonieri, che fino al 1925 persino la via Emilia era ancora tutta inghiaiata. I carater riempivano da soli la "broza", il birroccio, e il rumore della ghiaia che ci cadeva dentro, e poi quello degli urli e delle bestemmie che aiutavano i muli a tirare e a venire fuori da pantani e da argini impossibili, ritmava l'ultimo sonno dei contadini che abitavano nei dintorni. Era un lavoro disumano che segnava per un sovrappiù di forza e di violenza mal contenuta chi lo faceva; ma per chi sapeva farlo, coi carichi pesanti fino all'impossibile, era un lavoro che rendeva, e il carater, tra contadini e braccianti era il più ricco e quando entrava in osteria il vino correva..."
RispondiEliminaQuesto frammento l'ho rubato da un racconto di Grazia ( All'osteria di Renzi) e mi sembra abbastanza ricongiungibile al lavoro dei tagliapietre.
Salve a tutti!!! Sto effettuando una particolare ricerca per l'università che tratta proprio del mondo degli spaccapietre: tipologie di lavoro, strumenti, abiti, usanze ecc..
RispondiEliminaAvreste qualche lettura da consigliare o qualche informazione da condividere?
Vi ringrazio tantissimo
Nicola
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