martedì 7 dicembre 2010

Le veglie "nella campagna appena ieri."......


In Romagna, le veglie invernali si tenevano di solito nelle stalle, il luogo più caldo della casa, grazie al fiato delle bestie che erano quasi sempre parecchie ,dato che servivano per i lavori di traino e di aratura.
Dopo cena la famiglia vi si trasferiva al completo e spesso si univa loro qualche vicino o qualche giovanotto che faceva la corte alle ragazze di casa.
Ma anche durante la veglia, a meno che non fosse festa, i contadini non stavano mai con le mani in mano, c’era sempre qualcosa da fare.
C’era chi aggiustava gli attrezzi, chi intrecciava cesti di vimini, chi faceva le scope con i rami di saggina, chi sgranava le pannocchie,chi preparava le trappole per gli uccelli da mettere presso i pagliai nell’aia il giorno dopo…..tanti erano i piccoli lavori di tutti i giorni.
Ma più di tutti lavoravano le donne che con l’inizio dell’inverno avevano rimontato il telaio e ripreso il lavoro della filatura e della tessitura , senza contare il lavoro ai ferri per le calze e le maglie di tutta la famiglia che di certo una volta non si compravano nei negozi come ora.
Ma mentre le mani erano occupate in cento cose, fiorivano i racconti e le storie più o meno fantasiose sui fatti recenti o passati relativi alla comunità , ai ricordi, agli avvenimenti di guerra o semplicemente ispirati a favole o a storie di paura che incantavano soprattutto i più piccoli.
Nel libricino del comune di Poggio Berni“ Quando d’inverno faceva la neve”, Federica Foschi ha raccolto una serie di gustose testimonianze su questi racconti che hanno come protagonisti folletti, fantasmi, stregoni e perfino draghi.
Tanti una volta erano i luoghi dove si diceva che“ci si vedeva” o “ci si sentiva”,specialmente di notte lungo strade fiancheggiate da grandi siepi, in palazzi disabitati o nei pressi di mulini ,ponti e conventi…..
Perché in campagna una volta le notti erano veramente buie, di un buio che oggi non possiamo nemmeno immaginare , e anche con la luna, chi si trovava a dover viaggiare dopo il tramonto lo faceva sempre con passo svelto e attento ad ogni rumore, che anche il rumore dei propri passi poteva dare l’impressione di essere seguiti e di avere a che fare con un fantasma o un’anima in pena.
Così nascevano i racconti di paura che , un po’ veri e un po’ inventati , si raccontavano un inverno dopo l’altro nelle veglie quando ancora non esistevano radio e televisione.

2 commenti:

  1. La veglia in piazza al calore del fuoco.

    In occasione delle feste natalizie sopravvive in alcune località l'usanza di accendere un tronco di quercia alla vigilia di Natale. Sul ceppo si sistemava altra legna che bruciava più facilmente sicchè esso si consumava lentamente durante i dodici giorni natalizi fino all'Epifania che rappresentano i dodici giorni dell'anno. Questa tradizione é stata ripresa a Terra del Sole e, in forma più attuale, si accende nella grande piazza. Una volta , quando nelle case c'era ancora il camino, si usava accendere il "ceppo" dopo aver recitato l 'Ave Maria". Si diceva che serviva per "scaldare il bambin Gesù" e doveva bruciare fino all'alba, ma non doveva consumarsidel tutto perchè lo si doveva riaccendere ogni notte fino all'Epifania , affinchè portasse fortuna.

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