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La primavera viene il 21 marzo, ma per i contadini una volta arrivava già ai primi di marzo: in quella data non c’era più bisogno di scaldare il letto e già si cominciava ad andare scalzi.
Gli ultimi tre giorni di febbraio e i primi tre di marzo erano i giorni dei fuochi per fare “Lom a mèrz”, lume a marzo, per propiziarsi la buona stagione.
Il fuoco è un forte simbolo di rinascita e le grandi focarine si facevano per svegliare la vita della campagna dopo il lungo letargo invernale e per placare marzo pazzerello .
Le focarine erano un avvenimento che coinvolgeva tutti , si ammucchiavano sterpaglie e resti di potature ,ogni cosa era buona per quelle sere e attorno ai falò si ballava e si cantavano ritornelli che auspicavano il buon raccolto.
Nel riminese si cantava:
Lom a mèrz, lom a mèrz,
una spiga fàza un bèrch,
un bèrch, un barcaròl
una spiga un quartaròl,
un bèrch, una barchèta,
tri quatrèn una malèta.
Lume a marzo, lume a marzo,/una spiga faccia una bica/,
una bica, una bichetta/,una spiga un quartarolo/,
una bica una bichetta,/ tre quattrini una sacchetta.
I falò di marzo in origine sancivano probabilmente un capodanno della natura, la fine dell’anno vecchio e l’avvento di quello nuovo e bruciavano così il tempo passato ormai infruttifero, salutando la nuova stagione : infatti nell’Antica Roma e presso altre popolazioni antiche l’anno cominciava il primo marzo.
Questi giorni dei lumi a marzo coincidono anche con i “Dè dla canucèra” nei quali, secondo la tradizione, -vi è un’ora infausta, che però nessuno sa quale sia, che farà riuscire male tutto- a causa di un influsso misterioso: la Canucèra, appunto.
Per questo un tempo i contadini si astenevano dal fare lavori nei campi per non incorrere in questa evenienza e si sbrigavano solo quelle faccende che erano indispensabili.