lunedì 1 marzo 2010

Inizia Marzo

La Campagna, quella di una volta, era piena di detti, modi di dire,proverbi, ricchissima,com'era,di tradizioni. Mi si è detto che,nella campagna di una volta, ogni giorno, diversamente dal precedente e da quello successivo, aveva il suo detto particolare, adatto alla giornata. Così oggi, com'è scritto nel "titolo",inizia Marzo.E voi ne siete stati attenti? Non ora, ma avete visto com'era la mattinata? C'è stato un sole splendido!!! Certo non ha resistito per tutta la giornata,e dopo mezzogiorno lentamente se ne è andato scomparendo entro le nuvole. Ma intanto c'è stato! E proprio come voleva la TRADIZIONE, così che le ragazze, quelle della CAMPAGNAPPENAIERI, quelle " bele burdele fresch'e campagnole " , o anche " romagnole " che dir si voglia, potessero andare nel posto più giusto del podere, sì da inchinarsi col loro deretano in vista, ben scoperto, che tanto allora le donne di campagna, anche se qualcuna l'avevano nel corredo, non le usavano quasi mai le mutande, e così urlavano tranquille al primo sole di Marzo " Cusm e' cul, e ne cusm'etar". Cuocimi il culo e non cuocermi altro, dicevano le belle ragazze, non tanto perchè volevano marito, che quello lo avrebbero prima o poi trovato, quanto perchè volevano rimanere bianche in viso, nel collo, nelle braccia, insomma così com'erano le schizzinose ragazze e signore del Paese, tutte candide con i loro cappellini che mutavano quando volevano. Anche le campagnole andavano nei campi con dei fazzolettoni e sopra,in più il cappellone di paglia, che a par loro le mussulmane parevano spoglie,in testa, ma,lavorando per ore, il sole le colpiva ugualmente,ora di fianco, da destra, davanti, da sinistra.
Le ragazze in campagna lavoravano sodo,per certi lavori come gli uomini. Ed allora,oltre alle preghiere di Marzo, ai fazzolettoni e ai cappelloni, bisognava anche andare nella farmacia del Paese, il giorno del Mercato, e,dopo aver venduto un bel po' di uova, si poteva comprare,che costava sempre molto, il Biancardi, che ungeva tantissimo e lasciava l'unto nelle lenzuola.
Favole della Tradizione, si potrebbe stoltamente pensare. Pura verità,invece! Quella bella crema ideate dal dattor Biancardi la si trova anche ora nelle farmacie e la vanno a comprare, come ho visto anch'io, le ragazze e le signore africane. GBM

9 commenti:

  1. “ Mérz, tot i pi’ i va schèlz.”, cioè in marzo tutti i piedi vanno scalzi , dicevano una volta.
    La primavera viene il 21 marzo, ma per i contadini arrivava già ai primi giorni di questo mese : in quella data non c’era più bisogno di fuoco per scaldarsi e tantomeno riscaldare il letto , e quasi tutti cominciavano ad andare scalzi.
    Tornava la vita e si usciva dal letargo invernale, si cominciavano i lavori nella campagna, si sarchiava il grano togliendo le erbacce , si tagliava l’erba nei fossi e nelle carraie, si potava e si legavano le viti ai sostegni.
    Nel mese di marzo i casanti, così venivano chiamati quelli che abitavano in paese, e i braccianti , che spesso vivevano in condizioni molto misere, passavano dalle case dei contadini a chiedere una fascina e fare provvista di legna. Andavano in questo periodo perché i contadini le avevano portate a casa e non se la sarebbero sentita di dire di no.
    Con marzo dunque arriva la primavera, ma è un mese capace di fare i suoi dispetti : non è raro che porti cattivo tempo , freddo e qualche nevicata, anche se “ La nòiva marzulòina la sòira la fa e’ dè la svòina “.
    Alla prossima. Saluti.
    G.

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  2. Mario Lapucci, scrive che la vita contadina era regolata con precisione dal calendario dei Santi e dalle feste religiose.
    Ogni lavoro, ogni attività umana , ogni accadimento felice o dolente aveva il suo Santo protettore.
    I ritmi stagionali davano alla vita contadina lo spunto per una ordinata successione di azioni e comportamenti che si ripetevano fedelmente di anno in anno.
    La primavera significava la rinascita della natura , l’estate la mietitura, l’autunno la vendemmia e l’inverno regalava giorni di riposo .
    Il calendario dei Santi aiutava nella conta dei giorni e delle settimane : c’era il santo che indicava il tempo per la semina, quello per la potatura , per la vendemmia, per arare e via dicendo….
    I detti e le pratiche magico-religiose più sentite dal vecchio mondo contadino erano soprattutto quelli collegati alla primavera, la stagione della resurrezione e della rinascita, con feste caratterizzate dal fuoco: fiaccole, falò e grandi roghi erano una costante del mese di marzo.
    Riti pagani e protezione dei Santi avrebbero accompagnato e protetto anche il lavoro più duro , e se qualcosa fosse andato male sarebbe stato segno di qualche errore o di qualche dimenticanza.
    Dicevano allora: “qest’altr’anno bisognerà stare più attenti”.
    Un saluto.
    G.

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  3. Vorrei riprendere le fila delle tradizioni della campagnappenaieri, ovviamente della mia regione, per parlare del Cibo, Credenze, Superstizioni popolari. Il folklore marchigiano é assai ricco di usanze, credenze e superstizioni legate al cibo che sono sopravvisute nei secoli. IL PANE. Alimento fondamentale nei pasti quotidiani il pane, nelle Marche, é stato sempre soggetto ad immenso rispetto, scaturito da un profondo senso religioso; esso, infatti, rappresenta la Provvidenza, la Grazia, l'Eucarestia.
    Ma numerose sono anche le forme di superstizione ad esso legate. Il pane caduto a terra, per esempio, va raccolto e baciato; se non é possibile mangiarlo perchè sporco, non si getta via, ma si lascia come cibo per gli animali. Un'altra credenza proibisce di appoggiare il pane sulla tavola "dalla parte rigonfia" perchè così facendo si compiono tre peccati: si volta la faccia a Gesù, si fa cadere la Madonna dalla sedia, si fa soffrire in Purgatorio l'anima di un parente defunto.
    Addosso ai bambini, una volta, si faceva portare un minuscolo sacchetto contenente lievito e sale, che li avrebbe aiutati nella crescita e protetti dalle streghe. (Continua)

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  4. FAGIOLI-CECI.
    Ai fagioli,in passato, venivano attribuiti poteri miracolosi,ed erano considerati dei portafortuna capaci di tenere lontano ogni maleficio.Il fagiolo veniva addirittura ritenuto simbolo di immortalità, forse per la prerogativa di riacquistare freschezza con l'immersione in acqua. Di buon augurio sono anche i ceci: un'antica usanza campagnola vuole che il primo giorno in cui si semina il grano, il pasto dei contadini sia a base di ceci. Tale consuetudine ha un simbolico significato augurale, poichè si spera che i chicchi del grano crescano grossi come i ceci. (Continua)

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  5. FAVE.
    Secondo un'antica consuetudine, a Camerino, in provincia di Macerata, le ragazze, la sera del 31 Dicembre, mettevano sotto il cuscino tre semi di fava secca:uno con la buccia, un'altro sbucciato a metà,il terzo senza buccia. Il primo dell'anno, appena sveglie, prendevano a caso uno dei semi:se era spoglio, il futuro marito sarebbe stato povero; se aveva metà buccia, di media condizione economica; se invece aveva tutta la buccia l'uomo che avrebbero sposato sarebbe stato un ottimo partito.
    La medicina tradizionale, inoltre, riteneva le fave un efficace rimedio contro le verruche e le emorragie dell'occhio

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  6. OLIVO
    Anche per l'olivo troviamo diffuse nella regione svariate consuetudini.
    Per esempio, il primo dell'Anno e la sera dell'Epifania, in campagna, le ragazze usavano gettare nel fuoco una foglia di ulivo per sapere, dal movimento che assume bruciando, il sentimento del proprio fidanzato : "Se me vo' bene salta e salticchia, se me vo' male, sta fissa fissa". La domenica delle Palme si usava bruciare i rami di ulivo dell'anno precedente e spargere subito la cenere nei campi per tenere lontano i bruchi mentre, durante i temporali, i contadini erano soliti bruciare ramoscelli di ulivo, benedetti nell'ultima domenica delle Palme, per scongiurare la grandine. (continua)

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  7. Piccola pausa su cibo e credenze nelle Marche per un breve intervento su quando si parla di fogheraccia ( nella mia regione "fugarò" ). Significherebbe "falò", ma falò é un termine generico e, come spesso accade per le parole dialettali, non ne rende tutti i significati.L'origine della fogheraccia o fugaraza é molto discussa : la vigilia di San Giuseppe é vicina al solstizio di Primavera, ai primitivi riti agrari di rinnovamento. Non a caso nella fogheraccia, in Romagna, come anche per quel che ricordo nelle Marche,si bruciavano soprattutto le potature primaverili degli alberi, per propiziarne la rinascita. Il folclorista Eraldo Baldini la ricollega ad un sostrato celtico e sicuramente é un tratto arcaico, uno dei pochi rimasti in vita nella nostra cultura. Un rito della famiglia contadina patriarcale, accesa nell'aia- la fogheraccia- dopo la guerra é diventata il fuoco di strada, di un quartiere, di una parrocchia. A Rimini, domani sera, la vigilia di san Giuseppe, l'Hera ne accenderà una gigantesca a Piazzale Fellini, vicino al Grand Hotel.Piero Meldini, romanziere e saggista riminese doc ne parla lungamente nel suo ultimo romanzo "La falce dell'ultimo quarto", e i riminesi andavano a piedi sul colle delle Grazie (Covignano)ad ammirare i grandi falò nei sobborghi della città e in tutta la campagna. Nota affatto personale :anch'io, da bambino, ricordo che per tutta la Primavera tutte le sere assieme a mio fratello e mio nonno dal terrazzino della mia casa natale che guardava verso la campagna, eravamo in alto sui tetti, ammiravamo le focarine. Pochi anni dopo, nel 1944, sempre di Primavera, solo con mio fratello che nonno Alfonso se ne era andato l'anno prima,ammirammo stupiti con occhi di bambini altri tipi di focarine, i caccia bombardieri americani che preceduti da traccianti che illuminavano tutto il cielo, bombardavano Ancona. Non so quale dei due ricordi sia più inciso nella mia memoria, ma certo é che ci divertimmo molto anche con...i bombardamenti aerei.

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  8. UOVA
    Un altro cibo legato a molte usanze é l'uovo. Ancora oggi, a Pasqua, si usa portare a benedire le uova ( il Giovedì santo) da regalare poi a parenti ed amici. A casa mia si mangiavano, assieme al salame e alla pizza col formaggio, a colazione il giorno di Pasqua.
    Si ricollega a costumanze e riti medievali di carattere propiziatorio la consuetudine della questua effettuata prima delle festività pasquali. Retaggio medievale é anche l'uso di tingere o decorare le uova sode ( ad Osimo si dicevano le "ova pinte" ). Le uova , inoltre, hanno avuto un punto di rilievo anche nel campo delle superstizioni: dispari doveva essere il numero delle uova da portare in regalo e sempre dispari il numero delle uova da mettere sotto la chioccia; inoltre se una donna dopo il parto non avesse preso per nove giorni un uovo ogni mattina, non avrebbe avuto abbondanza di latte. (continua)

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