mercoledì 7 luglio 2010

La "Piantata" emiliano.romagnola.


Fino a non molti anni fa, nella nostra campagna Emiliano-Romagnola prevaleva il caratteristico paesaggio della” piantata”,basato sulla coltivazione dei cereali con quella della vite: un sistema che pemette di far fronte all’esigenza primaria di alimentare la famiglia del contadino e fa del podere una unità economica autosufficiente.
La “ piantata “ affonda le sue radici nel lontano periodo comunale e consiste nella divisione dei poderi in campi regolari, di solito lunghi un’ottantina di metri e larghi trenta ,quaranta metri , separati da fossi sui bordi dei quali crescono filari di alberi ( olmi, gelsi) cui sono “maritate” le viti.
L’equilibrio del podere coltivato a piantata presuppone una trama di rapporti economici e sociali imperniati sulla mezzadria: il proprietario fa lavorare la terra al mezzadro fornendogli la casa, gli attrezzi e metà sementi e in cambio riceve la metà del raccolto , più regalie varie a seconda dei patti colonici della zona.
Per mantenere efficienti questi poderi era necessaria una costante manutenzione dei fossi che delimitavano i campi, al fine di scolare le acque piovane e di eliminare i ristagni là dove si formavano.
Lo scavo dei fossi e delle scoline interpoderali e il livellamento delle cavedagne era un lavoro faticoso compiuto dai mezzadri a colpi di vanga e piccone nei mesi invernali , ed erano attentamente scavati in modo da permettere una corretta circolazione delle acque nelle fosse principali.
Ormai la coltura intensiva e meccanizzata ha eliminato un po’ ovunque la piantata e solo uno sguardo attento può coglierne qualche immagine in qualche appezzamento vicino alle città sfuggito alle macchine agricole o ,per adesso,alla speculazione edilizia.
G.

4 commenti:

  1. LA PIANTATA PADANA

    Intorno al 1500 il paesaggio rurale cambia. Leandro Alberti assicura nella sua "Descrittione di tutta Italia" che, "scendendo alla Via Emilia e camminando per mezzo dell'amena e bella campagna questa appare ornata di vaghi ordini di alberi dalle viti accompagnate". Per tutta la pianura emiliana, racconta sempre Alberti "si veggono artificiosi ordini di alberi sopra i quali sono le viti, che da ogni lato pendono". E' la piantata padana; questa la disposizione degli alberi a tutela della vite, che secondo alcuni é già presente nel Medioevo, e che é quasi sopravvissuta fino ai giorni nostri. E' infatti ancora presente in alcune aree del nostro territorio, soprattutto in collina. Visto il clima delle nostre zone, non certamente il più adatto alla produzione vitivinicola, le viti mantenute in alto dagli alberi, permettevano ai grappoli la massima insolazione che favorisce la maturazione, ed il minimo di umidità, che impedisce i pericoli delle muffe.Gli "alberi tutori" erano prevalentemente l'olmo, l'acero campestre (quello che i nostri contadini chiamano ancora oppio- alludo alle mie Marche- ),in alcuni casi erano anche pioppi e gelsi.Le foglie di queste piante, raccolte quando ancora erano verdi, costituivano una ottima integrazione alimentare invernale per i bovini.Ora la situazione é completamente capovolta e la necessità di coltivare con macchine sempre più grosse e potenti, che praticamente obbligavano al taglio degli alberi che "intralciavano i lavori", hanno fatto sì che fosse vantaggiosa e razionale (leggi economica) l'introduzione del tutore morto e la coltivazione con il vigneto specializzato. Nota personale: tra i miei ricordi d'infanzia c'é quello che in alcuni poderi gli alberi tutori erano dei magnifici ciliegi, (nel senso che se magnava!)esattamente dei ciliegi che producevano delle grosse e dure ciliege giallo-arancioni, che non ho più visto nè mangiato, e questo mi dispiace.

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  2. grazie per queste belle e interessanti informazioni vorrei che la campagna tornasse a proporre un modello paesaggistico più in armonia con la autoproduzione. proprio io con amici abbiamo piantato un piccolo frutteto autoproduzione che vale anche come giardino ed elemento di paesaggio

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