martedì 13 aprile 2010

Parliamo di campagna

Dato che il nostro BLOG ha come argomento principale la vita di campagna , ricordiamo cos’era il mondo contadino di una volta, quello che è rimasto quasi immutato fino al tempo dei nostri nonni e che oggi non c’è più, quello legato soprattutto a storie di fatica e miseria.
In Romagna,un tempo, la terra era per lo più di grandi latifondisti e di vari ordini religiosi , accanto ai quali sopravvivevano piccoli e piccolissimi proprietari che coltivavano personalmente la campagna .
I Grandi proprietari, che in genere non erano residenti dei luoghi,davano i poderi a mezzadria a famiglie coloniche che lavoravano la terra e ne dividevano il raccolto a metà col padrone.
I patti di mezzadria , ancora all’inizio del 1900, confermano che tutti i redditi dei poderi, nonché gli utili e le perdite del capitale bestiame, vanno divisi in parti uguali tra padrone e contadino e così pure tutte le tasse, anche consorziali ,e tutta una serie di altri obblighi, come il trasporto dei raccolti ,l’accollo di manutenzioni di fossi, strade e servitù varie.
Il colono, infine, è tenuto a portare ogni anno al padrone un paniere di uva del peso di 5 kg., un sacco di foglie di granoturco, un paio di galline,di pollastri, di capponi, più 96 uova.
Se però il podere superava i 15 ettari di superficie, tutto doveva essere raddoppiato più 144 uova.
I poderi erano molto vasti e di solito vi lavoravano più fratelli insieme,le classiche famiglie patriarcali contadine ,ma bastava un anno di raccolto scarso per dover ricorrere a prestiti in natura, e perciò l’indebitamento dei coloni nei confronti del padrone era inevitabile e duraturo.
Nonostante questo, la classe mezzadrile ,benché indebitata e alla mercè dei padroni , era pur sempre in condizioni vantaggiose rispetto ai contadini senza terra, ai braccianti giornalieri e ai garzoni che vivevano in condizioni molto critiche e di pura sopravvivenza..
Il mezzadro, però, era soggetto alle imposizioni del padrone e viveva sempre nella soggezione e nella paura che il contratto gli venisse revocato.
Bastava, come nel film “L’albero degli zoccoli”, l’abbattimento di una pianta, il sospetto di vendere una parte di raccolto di nascosto, di non aver curato bene il bestiame, e si veniva cacciati, dato che il contratto era annuale, e non pochi si trovavano costretti a fare “san martino”e non sapere dove andare.
La mia famiglia di origine era a mezzadria nella Tenuta Torlonia ,nel comune di S. Mauro, e i vari nuclei famigliari vi rimasero, ininterrottamente , per quasi 130 anni,conducendo e lavorando tre vasti poderi,con i ritmi della vita dettati solo dalle stagioni,dalle vendemmie, dalle semine e dai raccolti .
Il mondo di tutti i giorni , in quel contesto,non andava molto oltre l’aia di casa , la gente di campagna ,una volta, ,aveva poche distrazioni perché tutta l’energia e tutto il tempo era dedicato ai campi e al bestiame,la loro unica fonte di sostentamento.
La vita in campagna era dura, uomini e donne lavoravano con la schiena curva “da sole a sole”,gesti ruvidi,tanta fatica e poco mangiare....era la normalità.

Un saluto.
G.

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