giovedì 25 febbraio 2010

Alla fine di Febbraio

Ai contadini della Romagna di appena ieri succedeva che, ad un certo momento di Febbraio, finito il Carnevale con tutti i suoi diversi impegni, dopo, al Mercoledì era già Quaresima, con la Messa, le Ceneri, ed il giorno di astinenza e digiuno. Così per un po' di tempo non c'era niente da fare,né in casa,né fuori, se non restare nell'attesa che arrivasse la Primavera. Ed ecco che in quei momenti, dato che anche l'impegno in cucina era molto misero dovendo giustamente mangiare rispettando la Quaresima, per cui dopo la "clazion" si mangiava una sola volta al giorno, ci si preoccupava di attenersi ai vecchi detti voluti dalla tradizione, a cui, d'altra parte, si badava sempre con attenzione. Tra Febbraio e Marzo non ci sarebbe stato bisogno di guardare il Lunario, che come sarebbe stato il tempo lo raccontava la storia delle caprette. Ma prima, ancora a Febbraio, si doveva badare a " i dè dla canucèra", ch'erano però giorni imprecisati. Gli anziani, per farla breve, ai nipotini che glieli chiedevano, dicevano sempre ch'erano gli ultimi di Febbraio, ma che giorno, che ora fosse non lo sapevano, dal momento che poteva essere e il 26, come il 27 o il 28. E, con loro, non lo sapevano neanche gli studiosi, dal momento che, poi, si trattava solo di un'ora di questi tre imprecisi giorni, e solo in quella sarebbe comparsa la " canucera " che, con in mano la sua conocchia, avrebbe " scompigliato" qualche cosa, lì, nella campagna.Ma neppure in quale luogo preciso della campagna si poteva sapere dove non sarebbero stati, quell'anno, buoni i raccolti. Quindi si stava fermi nelle case, quei giorni, sperando che, in quell'ora imprecisa, tutto accadesse in un Podere lontano, magari di un altro Paese,o se mai si sperava succedesse nel Podere del vicino, quel vicino"sgoustous " e scorbutico , quello con cui si aveva - per forza- dovuto litigare per via di quel suo cagnaccio che infastidiva troppo le galline altrui.
Chi poi fosse la "canucera" ben lo dicono i folcloristi, grandi studiosi,che sanno tutto e, rifacendosi alla mitologia greca e romana, la identificano nella parca Atrope che, con la conocchia in mano, filava il filo della vita, fino a che, nell'impreciso attimo di un particolare giorno, il filo non si rompeva.

2 commenti:

  1. Sa, Grazia, che la storia della canucera non la conoscevo?...è curiosa ed interessante allo stesso tempo.
    Questi nostri antenati vivevano sempre nella paura di disgrazie personali o di calamità che potevano peggiorare le condizioni di vita!
    E così ,di generazionein generazione ,venivano tramandate queste credenze quasi come un esorcismo e un auspicio di salvezza.
    Un caro saluto.
    Giovanna.

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  2. Grazie Giovanna! Se non ci fosse lei, così partecipe e rapidamente operativa, il nostro blog svanirebbe in breve. A dire il vero ci sono anche i validissimi Massimo e Franco, ma bisogna che anche altri si diano da fare, perchè tra Mesi,Stagioni, Maiali,Superstizioni, ce n'è di roba che bolle in pentola!!! Naturalmente domani, e per ben altri giorni ancora, si continuerà a parlare di Marzo, ove ogni bel piè va scalzo!Saluti da GBM

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